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PERCHE’ ISCRIVERSI ALL’A.M.I.?
L’ Associazione Matrimonialisti Italiani, per la Tutela delle Persone, dei Minorenni e della Famiglia è un’associazione aconfessionale, apolitica e apartitica, di rappresentanza e di categoria, senza fini di lucro, che opera sul territorio nazionale, aperta all’adesione di avvocati iscritti all’albo, oltre che, in qualità di soci sostenitori, di praticanti avvocati, di giuristi e/o docenti universitari in materie giuridiche, psicologi, psichiatri, pedagogisti, insegnanti, forze dell’ordine, assistenti sociali e quanti altri, a vario titolo, si occupano degli aspetti giuridici, sociali e culturali inerenti la famiglia ed i minori. I vantaggi sono sia per il professionista che si iscrive, perché entra a far parte di una grande famiglia, in cui la formazione è centrale, tramite la Scuola di Alta Formazione AMI in diritto delle relazioni familiari e dei minorenni, sia civile che penale, alla specializzazione e formazione continua degli associati, anche per i clienti che si rivolgono ai professionisti associati ad una delle più grandi organizzazioni italiane. L’A.M.I. favorisce l’acquisizione di una competenza adeguata alla complessità dei problemi legati alla famiglia, dell’infanzia e dell’adolescenza, che permette di gestire delle situazioni complesse, giuridicamente e spesso anche umane. Per iscriversi è facile, entra nella sezione iscrizioni: Ecco perchè iscriversi
Novità dall'AMI Nazionale
Scopre che la moglie era nata uomo: il tribunale respinge la richiesta di annullare il matrimonio
r il tribunale la mancata conoscenza dell’originario sesso del coniuge “non corrisponde ad errore sull’identità o sulle qualità della persona”. L’uomo, tramite il suo legale, aveva impugnato il matrimonio in tribunale, basandosi sull’articolo 122 del codice civile che riguarda proprio i casi in cui un giudice può sciogliere il vincolo matrimoniale per “violenza o errore”. Il loro matrimonio, celebrato in Comune, era durato circa 18 anni, dal 2003 al 2021 quando poi avevano deciso di separarsi. Ad un certo punto della loro relazione avevano anche deciso di avviare le pratiche per l’adozione di un bambino (poi non formalizzata) perché la donna non poteva avere figli. La donna, secondo la versione fornita ai giudici dall’uomo, gli aveva raccontato di una malattia a seguito della quale le avevano dovuto asportare l’utero, celando dunque il cambio di sesso. Lei invece racconta ai giudici un’altra storia. Il marito sarebbe stato perfettamente informato, ben prima di contrarre matrimonio e fin dall’inizio della loro relazione sentimentale, del procedimento di rettificazione del sesso che l’aveva riguardata addietro. Lei prima di sposarsi aveva cambiato genere, passando da uomo a donna, nel 1992. I due poi, come emerso nel procedimento giudiziario, non avevano mai parlato in modo approfondito di certe questioni, molto delicate e complesse, e lui quando poi lo aveva scoperto, nel 2022 si era rivolto ad un legale per chiedere al tribunale l’annullamento del matrimonio, al posto del divorzio.
La Cassazione sull’assegno divorzile e le rinunce professionali del coniuge più debole
La Corte di Cassazione, con la recentissima ordinanza n. 18506/2024 dell’8 luglio 2024, ha sancito un principio di fondamentale importanza nel panorama del diritto di famiglia, segnando una svolta in merito alla valutazione delle rinunce professionali ai fini dell’assegno di divorzio. La Corte, ribadendo il consolidato principio secondo cui l’assegno divorzile ha natura non solo assistenziale, ma anche compensativa e perequativa, ha affermato che “il contributo fornito da un coniuge alla formazione del patrimonio familiare e personale dell’altro, anche attraverso la rinuncia a proprie prospettive professionali, deve essere valorizzato ai fini della determinazione dell’assegno divorzile”. Insomma le rinunce professionali effettuate da un coniuge in favore del benessere familiare devono essere valorizzate nella determinazione dell’assegno divorzile. Questo sviluppo giurisprudenziale introduce una nuova dimensione nella valutazione economica delle scelte di vita compiute durante il matrimonio, rafforzando l’equità e la giustizia nel contesto del divorzio. Un aspetto cruciale dell’ordinanza è sicuramente il riconoscimento formale delle rinunce professionali come elemento determinante nella quantificazione dell’assegno divorzile. Gli Ermellini hanno di fatto stabilito che “le rinunce professionali, purché siano state motivate da esigenze familiari e condivise tra i coniugi, costituiscono un elemento fondamentale per valutare il contributo fornito alla famiglia“. Questo riconoscimento rappresenta una significativa evoluzione giurisprudenziale, poiché valorizza il lavoro di cura e assistenza tradizionalmente svolto dalle donne, che spesso comporta sacrifici economici e professionali. La Cassazione ha affermato che “il lavoro domestico e di cura, sebbene non retribuito, rappresenta un contributo economico indiretto di grande rilevanza“. Per poter beneficiare del riconoscimento economico derivante dalle rinunce professionali, la Corte ha stabilito una serie di requisiti che devono essere soddisfatti. Tali requisiti garantiscono che le scelte compiute durante il matrimonio siano valutate in modo equo e giusto:I requi “il sacrificio delle proprie prospettive professionali deve essere determinato da esigenze familiari concrete e comportare un effettivo sacrificio per il coniuge“. Inoltre, il collegamento tra la rinuncia professionale e il benessere familiare deve essere evidente. la decisione di abbandonare la carriera deve essere stata condivisa tra i coniugi. La Cassazione ha ribadito che “il principio di solidarietà coniugale, sancito dall’art. 156 c.c., impone che le scelte rilevanti siano prese di comune accordo“. Questo significa che la rinuncia professionale non può essere considerata se non vi è stata una condivisione esplicita o implicita della decisione all’interno della coppia. la rinuncia deve aver comportato un incremento del patrimonio familiare o personale dell’altro coniuge. Come evidenziato dalla Corte, “la valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti è fondamentale per stabilire se il sacrificio del coniuge ha realmente contribuito al miglioramento delle condizioni familiari“. Questa pronuncia della Cassazione avrà rilevanti conseguenze pratiche sia per i Giudici di merito che per gli avvocati. I Giudici saranno chiamati a effettuare valutazioni più dettagliate, considerando non solo il reddito e il patrimonio, ma anche il lavoro domestico e di cura. Come sottolineato dalla Corte: “Il lavoro di cura e di assistenza alla famiglia deve essere considerato alla stregua di un contributo economico indiretto“. La decisione della Corte di Cassazione rappresenta un passo significativo verso una maggiore equità nel diritto di famiglia. Il riconoscimento del valore del lavoro domestico e di cura, tradizionalmente sottovalutato, segna un importante progresso nella promozione della parità tra i coniugi, come affermato dalla stessa Corte: “Il contributo non retribuito di un coniuge al benessere della famiglia non può essere ignorato nel contesto di una separazione”. Continua in: Cassazione: svolta epocale sull’assegno divorzile e le rinunce professionali. Autore: Avv. Antonio Scardino. Cassazione-civile-ordinanza-18506-2024
Negato l’assegno di mantenimento se il matrimonio ha breve durata.
No al mantenimento anche se il reddito della moglie è insufficiente. Lo ha precisato la Cassazione tenendo conto della brevità del matrimonio. Con l’ordinanza n. 20507 dello scorso luglio, ha sottolineato infatti che non c’è alcun diritto al mantenimento, se il legame è stato di breve lunghezza. Infatti, la durata del matrimonio influenza la decisione e, se è ritenuto troppo breve e privo dell’affectio coniugalis, sarà ben possibile vedersi negato il diritto all’assegno di mantenimento.
Nessun assegno di divorzio se la moglie ha firmato un patto con il marito
E’ valido l’accordo con il quale la moglie ha rinunciato all’assegno di divorzio qualora non vi sia un’eccessiva disparità tra le condizioni economiche dei coniugi. Lo ha deciso la Corte di Cassazione con la pronuncia n. 21111 del 29 luglio 2024, che ha accolto il ricorso di un imprenditore che chiedeva di revocare l’assegno di divorzio riconosciuto alla ex moglie. Il caso riguarda due coniugi legalmente separati che, dopo la separazione ma prima di divorziare, avevano firmato un accordo con cui avevano diviso il loro patrimonio, con reciproche cessioni di quote societarie, e il marito aveva versato alla moglie un conguaglio in denaro come riconoscimento del lavoro da lei svolto nelle sue attività commerciali e societarie. I coniugi avevano espressamente convenuto che, con tali attribuzioni, intendevano definire tutti i loro rapporti economici, senza che potessero essere avanzate ulteriori pretese in relazione alla vita trascorsa insieme. Senonché, la moglie, incurante delle intese raggiunte con il marito, al divorzio ha chiesto l’assegno per sé, assegno riconosciutole dal Tribunale e dalla Corte di Appello, ma poi negato dalla Corte di Cassazione. Secondo la Corte, «quando nel corso della vita matrimoniale risultino negoziati accordi tra i coniugi, che hanno comportato attribuzioni patrimoniali o elargizioni in denaro, destinate a operare un riequilibrio tra le rispettive condizioni economiche, occorre tenere conto delle stesse e accertare se, al momento del divorzio, vi sia ancora un significativo squilibrio patrimoniale e reddituale riconducibile al sacrificio di uno dei due, oppure no, potendosi giustificare l’attribuzione dell’assegno solo nel primo caso». Ha ricordato anche la Cassazione che il patto deve essere equo, sia al momento della redazione sia al momento della sua esecuzione. Pertanto, i patti devono provvedere adeguatamente alla tutela di entrambe le parti, considerando tutto ciò che è stato fatto dai coniugi durante il matrimonio. https://www.vanityfair.it/article/nessun-diritto-allassegno-di-divorzio-se-la-moglie-ha-firmato-un-patto-con-il-marito
Notizie dai distretti dell'AMI
Rinasce la sezione dell’AMI di Milano. L’Avv. Maria Furfaro è il nuovo Presidente
In data odierna è stata ricostituita la sezione distrettuale dell’AMI di Milano. Il nuovo direttivo ha nominato l’Avv. Maria Furfaro quale Presidente. Le altre cariche sono state assegnate agli avvocati Maria Teresa Zampogna (Segretario), Angelo Laratta (Tesoriere), Concetta Sannino (Responsabile pari opportunità) e Ernesto Savio Sarno (Consigliere). L’AMI tutta augura un benvenuto al nuovo Direttivo.
A.M.I. CATANZARO – COSENZA: LE NOMINE DEL NUOVO DIRETTIVO
Si sono conclusi i lavori dell’A.M.I. (Associazione Matrimonialisti Italiani) del distretto Catanzaro-Cosenza, per la nomina del nuovo direttivo, che quest’anno si compone di cinque avvocati di prestigio, tutti con un enorme bagaglio culturale e professionale. L’Avv. Margherita Corriere è stata riconfermata Presidente distrettuale, mentre l’Avv. Marianna Famà – Segretario del Direttivo e l’Avv. Carla Stancati -Tesoriere, nella nuova struttura sono stati nominati anche l‘Avv. Nicola Scavelli e l’Avv, Mafalda Manuela Carino. Il Presidente Margherita Corriere, nell’illustrare le linee programmatiche per il 2022, ha dichiarato: “È fondamentale la creazione di un lavoro di equipe per un “linguaggio comune” tra le varie esperienze professionali.. Da sempre ci occupiamo con professionalità delle persone, dei minori e dei loro diritti fondamentali, cercando di dare un valido contributo alla formazione di quanti intendono tutelarli e, soprattutto, dei praticanti avvocati e dei giovani avvocati”. L’operato dell’A.M.I. da anni è rivolto in particolare sulle problematiche della maternità e della paternità, dei diritti delle persone minorenni, della procreazione assistita, dei matrimoni misti, dell’istruzione scolastica, dei diritti delle persone diversamente abili, delle adozioni e delle problematiche relative alla terza età, anche il prossimo anno proseguirà il lungo cammino con delle campagne mirate contro il bullismo e la violenza di genere, collaborando con le scuole con dei corsi di sensibilizzazione ad hoc per gli studenti. Gli auguri di buon lavoro, sono stati formulati al nuovo direttivo, dal Presidente Nazionale A.M.I. Gian Ettore Gassani e dai vertici nazionali dell’associazione forense, impegnata da 14 anni nel sociale e nella formazione degli operatori del settore giustizia suoi iscritti. Redazione Avv. Margherita Corriere Avv. Marianna Famà Avv. Carla Stancati Avv. Nicola Scavelli Mafalda Manuela Carino
A.M.I. NAPOLI: “MADRE” – EVENTO A FAVORE DELLA FONDAZIONE SANTOBONO PAUSILIPON
L’A.M.I. Napoli in collaborazione con il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, Lions Club Virgiliano Distretto 108, il prossimo 15 dicembre alle ore 17.30 ha organizzato un evento “Madre”, presso la Basilica dello Spirito Santo di Napoli, in via Toledo 402. La manifestazione è a favore della “Fondazione Santobono Pausilipon” che è impegnata per il miglioramento della vita in ospedale per i piccoli pazienti ed i loro familiari con particolare riferimento alle problematiche sanitarie e a quelle relative ad aspetti sociosanitari e psico-pedagogici. I saluti sono affidati al Presidente A.M.I. Gian Ettore Gassani, al Presidente COA Napoli Antonio Tafuri, dal Direttore Fondazione Santobono Pausilipon, Flavia Matrisciano e dal Consigliere del Comune di Napoli Maria Grazia Vitelli, l’evento è introdotto dal Presidente A.M.I. Napoli Valentina De Giovanni e da Giovanni De Vivo – Presidente Lions Club Napoli Virgiliano. Per partecipare all’evento, che darà diritto a tre crediti formativi, di cui uno in deontologia, per gli avvocati per info; Valentina De Giovanni, al numero tel. 3471264252, oppure Giovanni De Vivo al numero 3391800800 la locandina dell’evento:
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L’Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani è l’associazione italiana per la formazione professionale multidisciplinare, sia di base che di aggiornamento professionale più attiva in Italia. Vanta di numerosi soci sostenitori come psicologi, medici psichiatri, mediatori familiari, sociologi, pedagogisti, assistenti sociali e insegnanti.
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