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Perde l’assegno di divorzio l’ex coniuge che intraprenda una convivenza more uxorio, anche in assenza di una coabitazione quotidiana (Cass. civ., Sez. VI, Ord.17 dicembre 2020, n. 28915)
Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione chiarisce che l’instaurazione di una convivenza more uxorio determina la perdita del diritto all’assegno di divorzio anche laddove non sia caratterizzata da una coabitazione quotidiana, qualora comunque l’ex coniuge pernotti abitualmente presso il proprio partner, e disponga delle chiavi dell’appartamento di quest’ultimo. Nella fattispecie, in sede di reclamo avverso un provvedimento di revisione dell’assegno a carico dell’ex marito, aumentato da € 900,00 a € 1.400,00 mensili, la Corte d’Appello di Catania aveva rovesciato completamente il verdetto di primo grado revocando detto assegno proprio in ragione della convivenza intrapresa dall’ex moglie con il suo compagno. Avverso tale decisione quest’ultima propone ricorso per cassazione, lamentando che la corte distrettuale erroneamente aveva qualificato come convivenza more uxorio quella che invece, a suo dire, era solo una libera relazione sentimentale, come tale non rilevante ai fini in questione. La Suprema Corte, innanzitutto, esclude che la Corte d’Appello fosse incorsa in una violazione di legge (in particolare in relazione all’art. 5 c.10 L. n. 898 del 1970), richiamando il proprio prevalente orientamento secondo cui, ove il coniuge divorziato instauri con il proprio partner una convivenza stabile e non meramente occasionale deve presumersi la formazione di una nuova famiglia di fatto, la quale -rescindendo ogni legame con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale ed essendo espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, che si caratterizza per l’assunzione piena del rischio di una cessazione del rapporto-, esclude ogni residua solidarietà post matrimoniale e fa venir meno definitivamente ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile (Cass. n. 17643 del 2007; Cass. 6855 del 2015; Cass. n. 2466 del 2016; Cass. n. 4649 del 2017; Cass. n. 2732 del 2018; Cass. n. 406 del 2019; Cass. n. 5974 del 2019; cfr. Cass. n. 18111 del 2017 che ha pure precisato che non assume rilievo la successiva cessazione della convivenza di fatto intrapresa dall’ex coniuge beneficiario). In secondo luogo, la Cassazione rileva come la motivazione addotta dalla Corte d’Appello al fine di revocare l’assegno di divorzio fosse immune da vizi logici, basandosi sulla prova, fornita dall’ex marito, dell’instaurazione di una nuova relazione di lunga durata da parte dell’ex moglie, che riceveva contribuzioni economiche dal nuovo compagno, con il quale trascorreva da anni le vacanze e soprattutto condivideva i progetti di vita quotidiana, fermandosi a pernottare con grande assiduità nella sua abitazione, di cui possedeva le chiavi; nonché rivestendo cariche sociali nelle società a lui riconducibili e utilizzando mezzi di tali società. In particolare, rispetto all’affermazione dell’ex moglie di non convivere stabilmente, avendo locato un’abitazione a proprio nome per alloggiarci allorquando non pernottava presso il compagno, secondo la S.C. correttamente la Corte d’Appello ha rilevato che non può confondersi il concetto di coabitazione quotidiana con il concetto di convivenza more uxorio, nell’accezione di libera formazione di un nuovo progetto di vita, costante, stabile e continuativo tra due persone, che è quello che soltanto rileva ai fini della revoca dell’obbligo di corrispondere l’assegno divorzile. Ne consegue il rigetto del ricorso con condanna alle spese secondo il principio di soccombenza. La decisione di ritenere configurabile una convivenza more uxorio anche in assenza di una coabitazione quotidiana, purché abituale, è condivisa da chi scrive. Essa è coerente, infatti, con le giuste conclusioni cui da tempo sono giunte dottrina e giurisprudenza prevalenti anche in ambito di matrimonio, laddove si ritiene che non ricorra una violazione del dovere di coabitazione qualora questa, pur essendo abituale, per giustificate ragioni (ad es. di lavoro, studio o salute) non possa essere quotidiana (si pensi all’ipotesi sempre più frequente in cui i coniugi lavorino in due città diverse, e convivano nel fine settimana e durante le ferie). Ciò che attribuisce stabilità alla famiglia, sia quella fondata sul matrimonio sia quella di fatto, è piuttosto la realizzazione di un comune progetto di vita e la regolarità della convivenza. Riguardo all’effetto estintivo derivante dall’instaurazione di una convivenza more uxorio sull’assegno di divorzio, tuttavia, occorre segnalare che, nello stesso giorno in cui la sezione VI della S.C. pronunciava l’ordinanza in commento, la prima sezione della medesima Corte rimetteva gli atti al Primo Presidente perché valutasse di disporre la pronuncia delle Sezioni Unite sul tema, quale questione di massima di particolare importanza ex art. 374 c.p.c. c.2 (Cassazione civile, sez. I, 17/12/2020, n. 28995). In particolare, si chiede in sostanza che le S.U. stabiliscano se, una volta instaurata una convivenza more uxorio, il diritto dell’ex coniuge all’assegno divorzile si estingua sempre e comunque, o se invece rimanga in vita -tutt’al più in misura ridotta se le circostanze lo richiedono- quando si fondi sull’esigenza di ricompensare quel coniuge del contributo personale ed economico fornito alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio familiare o personale dell’altro coniuge (in base al principio affermato dalla nota pronuncia delle S.U. del 2018 n. 18287). Secondo il Collegio, infatti, se è vero che il principio di autoresponsabilità impone che il coniuge economicamente debole si assuma la responsabilità della propria scelta di formare una nuova famiglia di fatto, accettando il venir meno di ogni legame anche economico con il precedente rapporto matrimoniale, è anche vero che il medesimo principio esige che il coniuge economicamente forte continui comunque ad assumersi la responsabilità della propria scelta di aver richiesto all’altro coniuge durante la vita matrimoniale un apporto e una dedizione alla famiglia significativamente maggiore, e quindi personali sacrifici e rinunce anche rispetto alle aspettative lavorative e professionali. Per sapere se le Sezioni Unite condivideranno questa tesi, dunque, non ci resta che attendere. Avv. Stefano Valerio Miranda Avvocato del Foro di Firenze e Segretario Ami Toscana
Novità dall'AMI Nazionale
Scopre che la moglie era nata uomo: il tribunale respinge la richiesta di annullare il matrimonio
r il tribunale la mancata conoscenza dell’originario sesso del coniuge “non corrisponde ad errore sull’identità o sulle qualità della persona”. L’uomo, tramite il suo legale, aveva impugnato il matrimonio in tribunale, basandosi sull’articolo 122 del codice civile che riguarda proprio i casi in cui un giudice può sciogliere il vincolo matrimoniale per “violenza o errore”. Il loro matrimonio, celebrato in Comune, era durato circa 18 anni, dal 2003 al 2021 quando poi avevano deciso di separarsi. Ad un certo punto della loro relazione avevano anche deciso di avviare le pratiche per l’adozione di un bambino (poi non formalizzata) perché la donna non poteva avere figli. La donna, secondo la versione fornita ai giudici dall’uomo, gli aveva raccontato di una malattia a seguito della quale le avevano dovuto asportare l’utero, celando dunque il cambio di sesso. Lei invece racconta ai giudici un’altra storia. Il marito sarebbe stato perfettamente informato, ben prima di contrarre matrimonio e fin dall’inizio della loro relazione sentimentale, del procedimento di rettificazione del sesso che l’aveva riguardata addietro. Lei prima di sposarsi aveva cambiato genere, passando da uomo a donna, nel 1992. I due poi, come emerso nel procedimento giudiziario, non avevano mai parlato in modo approfondito di certe questioni, molto delicate e complesse, e lui quando poi lo aveva scoperto, nel 2022 si era rivolto ad un legale per chiedere al tribunale l’annullamento del matrimonio, al posto del divorzio.
La Cassazione sull’assegno divorzile e le rinunce professionali del coniuge più debole
La Corte di Cassazione, con la recentissima ordinanza n. 18506/2024 dell’8 luglio 2024, ha sancito un principio di fondamentale importanza nel panorama del diritto di famiglia, segnando una svolta in merito alla valutazione delle rinunce professionali ai fini dell’assegno di divorzio. La Corte, ribadendo il consolidato principio secondo cui l’assegno divorzile ha natura non solo assistenziale, ma anche compensativa e perequativa, ha affermato che “il contributo fornito da un coniuge alla formazione del patrimonio familiare e personale dell’altro, anche attraverso la rinuncia a proprie prospettive professionali, deve essere valorizzato ai fini della determinazione dell’assegno divorzile”. Insomma le rinunce professionali effettuate da un coniuge in favore del benessere familiare devono essere valorizzate nella determinazione dell’assegno divorzile. Questo sviluppo giurisprudenziale introduce una nuova dimensione nella valutazione economica delle scelte di vita compiute durante il matrimonio, rafforzando l’equità e la giustizia nel contesto del divorzio. Un aspetto cruciale dell’ordinanza è sicuramente il riconoscimento formale delle rinunce professionali come elemento determinante nella quantificazione dell’assegno divorzile. Gli Ermellini hanno di fatto stabilito che “le rinunce professionali, purché siano state motivate da esigenze familiari e condivise tra i coniugi, costituiscono un elemento fondamentale per valutare il contributo fornito alla famiglia“. Questo riconoscimento rappresenta una significativa evoluzione giurisprudenziale, poiché valorizza il lavoro di cura e assistenza tradizionalmente svolto dalle donne, che spesso comporta sacrifici economici e professionali. La Cassazione ha affermato che “il lavoro domestico e di cura, sebbene non retribuito, rappresenta un contributo economico indiretto di grande rilevanza“. Per poter beneficiare del riconoscimento economico derivante dalle rinunce professionali, la Corte ha stabilito una serie di requisiti che devono essere soddisfatti. Tali requisiti garantiscono che le scelte compiute durante il matrimonio siano valutate in modo equo e giusto:I requi “il sacrificio delle proprie prospettive professionali deve essere determinato da esigenze familiari concrete e comportare un effettivo sacrificio per il coniuge“. Inoltre, il collegamento tra la rinuncia professionale e il benessere familiare deve essere evidente. la decisione di abbandonare la carriera deve essere stata condivisa tra i coniugi. La Cassazione ha ribadito che “il principio di solidarietà coniugale, sancito dall’art. 156 c.c., impone che le scelte rilevanti siano prese di comune accordo“. Questo significa che la rinuncia professionale non può essere considerata se non vi è stata una condivisione esplicita o implicita della decisione all’interno della coppia. la rinuncia deve aver comportato un incremento del patrimonio familiare o personale dell’altro coniuge. Come evidenziato dalla Corte, “la valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti è fondamentale per stabilire se il sacrificio del coniuge ha realmente contribuito al miglioramento delle condizioni familiari“. Questa pronuncia della Cassazione avrà rilevanti conseguenze pratiche sia per i Giudici di merito che per gli avvocati. I Giudici saranno chiamati a effettuare valutazioni più dettagliate, considerando non solo il reddito e il patrimonio, ma anche il lavoro domestico e di cura. Come sottolineato dalla Corte: “Il lavoro di cura e di assistenza alla famiglia deve essere considerato alla stregua di un contributo economico indiretto“. La decisione della Corte di Cassazione rappresenta un passo significativo verso una maggiore equità nel diritto di famiglia. Il riconoscimento del valore del lavoro domestico e di cura, tradizionalmente sottovalutato, segna un importante progresso nella promozione della parità tra i coniugi, come affermato dalla stessa Corte: “Il contributo non retribuito di un coniuge al benessere della famiglia non può essere ignorato nel contesto di una separazione”. Continua in: Cassazione: svolta epocale sull’assegno divorzile e le rinunce professionali. Autore: Avv. Antonio Scardino. Cassazione-civile-ordinanza-18506-2024
Negato l’assegno di mantenimento se il matrimonio ha breve durata.
No al mantenimento anche se il reddito della moglie è insufficiente. Lo ha precisato la Cassazione tenendo conto della brevità del matrimonio. Con l’ordinanza n. 20507 dello scorso luglio, ha sottolineato infatti che non c’è alcun diritto al mantenimento, se il legame è stato di breve lunghezza. Infatti, la durata del matrimonio influenza la decisione e, se è ritenuto troppo breve e privo dell’affectio coniugalis, sarà ben possibile vedersi negato il diritto all’assegno di mantenimento.
Nessun assegno di divorzio se la moglie ha firmato un patto con il marito
E’ valido l’accordo con il quale la moglie ha rinunciato all’assegno di divorzio qualora non vi sia un’eccessiva disparità tra le condizioni economiche dei coniugi. Lo ha deciso la Corte di Cassazione con la pronuncia n. 21111 del 29 luglio 2024, che ha accolto il ricorso di un imprenditore che chiedeva di revocare l’assegno di divorzio riconosciuto alla ex moglie. Il caso riguarda due coniugi legalmente separati che, dopo la separazione ma prima di divorziare, avevano firmato un accordo con cui avevano diviso il loro patrimonio, con reciproche cessioni di quote societarie, e il marito aveva versato alla moglie un conguaglio in denaro come riconoscimento del lavoro da lei svolto nelle sue attività commerciali e societarie. I coniugi avevano espressamente convenuto che, con tali attribuzioni, intendevano definire tutti i loro rapporti economici, senza che potessero essere avanzate ulteriori pretese in relazione alla vita trascorsa insieme. Senonché, la moglie, incurante delle intese raggiunte con il marito, al divorzio ha chiesto l’assegno per sé, assegno riconosciutole dal Tribunale e dalla Corte di Appello, ma poi negato dalla Corte di Cassazione. Secondo la Corte, «quando nel corso della vita matrimoniale risultino negoziati accordi tra i coniugi, che hanno comportato attribuzioni patrimoniali o elargizioni in denaro, destinate a operare un riequilibrio tra le rispettive condizioni economiche, occorre tenere conto delle stesse e accertare se, al momento del divorzio, vi sia ancora un significativo squilibrio patrimoniale e reddituale riconducibile al sacrificio di uno dei due, oppure no, potendosi giustificare l’attribuzione dell’assegno solo nel primo caso». Ha ricordato anche la Cassazione che il patto deve essere equo, sia al momento della redazione sia al momento della sua esecuzione. Pertanto, i patti devono provvedere adeguatamente alla tutela di entrambe le parti, considerando tutto ciò che è stato fatto dai coniugi durante il matrimonio. https://www.vanityfair.it/article/nessun-diritto-allassegno-di-divorzio-se-la-moglie-ha-firmato-un-patto-con-il-marito
Notizie dai distretti dell'AMI
Rinasce la sezione dell’AMI di Milano. L’Avv. Maria Furfaro è il nuovo Presidente
In data odierna è stata ricostituita la sezione distrettuale dell’AMI di Milano. Il nuovo direttivo ha nominato l’Avv. Maria Furfaro quale Presidente. Le altre cariche sono state assegnate agli avvocati Maria Teresa Zampogna (Segretario), Angelo Laratta (Tesoriere), Concetta Sannino (Responsabile pari opportunità) e Ernesto Savio Sarno (Consigliere). L’AMI tutta augura un benvenuto al nuovo Direttivo.
A.M.I. CATANZARO – COSENZA: LE NOMINE DEL NUOVO DIRETTIVO
Si sono conclusi i lavori dell’A.M.I. (Associazione Matrimonialisti Italiani) del distretto Catanzaro-Cosenza, per la nomina del nuovo direttivo, che quest’anno si compone di cinque avvocati di prestigio, tutti con un enorme bagaglio culturale e professionale. L’Avv. Margherita Corriere è stata riconfermata Presidente distrettuale, mentre l’Avv. Marianna Famà – Segretario del Direttivo e l’Avv. Carla Stancati -Tesoriere, nella nuova struttura sono stati nominati anche l‘Avv. Nicola Scavelli e l’Avv, Mafalda Manuela Carino. Il Presidente Margherita Corriere, nell’illustrare le linee programmatiche per il 2022, ha dichiarato: “È fondamentale la creazione di un lavoro di equipe per un “linguaggio comune” tra le varie esperienze professionali.. Da sempre ci occupiamo con professionalità delle persone, dei minori e dei loro diritti fondamentali, cercando di dare un valido contributo alla formazione di quanti intendono tutelarli e, soprattutto, dei praticanti avvocati e dei giovani avvocati”. L’operato dell’A.M.I. da anni è rivolto in particolare sulle problematiche della maternità e della paternità, dei diritti delle persone minorenni, della procreazione assistita, dei matrimoni misti, dell’istruzione scolastica, dei diritti delle persone diversamente abili, delle adozioni e delle problematiche relative alla terza età, anche il prossimo anno proseguirà il lungo cammino con delle campagne mirate contro il bullismo e la violenza di genere, collaborando con le scuole con dei corsi di sensibilizzazione ad hoc per gli studenti. Gli auguri di buon lavoro, sono stati formulati al nuovo direttivo, dal Presidente Nazionale A.M.I. Gian Ettore Gassani e dai vertici nazionali dell’associazione forense, impegnata da 14 anni nel sociale e nella formazione degli operatori del settore giustizia suoi iscritti. Redazione Avv. Margherita Corriere Avv. Marianna Famà Avv. Carla Stancati Avv. Nicola Scavelli Mafalda Manuela Carino
A.M.I. NAPOLI: “MADRE” – EVENTO A FAVORE DELLA FONDAZIONE SANTOBONO PAUSILIPON
L’A.M.I. Napoli in collaborazione con il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, Lions Club Virgiliano Distretto 108, il prossimo 15 dicembre alle ore 17.30 ha organizzato un evento “Madre”, presso la Basilica dello Spirito Santo di Napoli, in via Toledo 402. La manifestazione è a favore della “Fondazione Santobono Pausilipon” che è impegnata per il miglioramento della vita in ospedale per i piccoli pazienti ed i loro familiari con particolare riferimento alle problematiche sanitarie e a quelle relative ad aspetti sociosanitari e psico-pedagogici. I saluti sono affidati al Presidente A.M.I. Gian Ettore Gassani, al Presidente COA Napoli Antonio Tafuri, dal Direttore Fondazione Santobono Pausilipon, Flavia Matrisciano e dal Consigliere del Comune di Napoli Maria Grazia Vitelli, l’evento è introdotto dal Presidente A.M.I. Napoli Valentina De Giovanni e da Giovanni De Vivo – Presidente Lions Club Napoli Virgiliano. Per partecipare all’evento, che darà diritto a tre crediti formativi, di cui uno in deontologia, per gli avvocati per info; Valentina De Giovanni, al numero tel. 3471264252, oppure Giovanni De Vivo al numero 3391800800 la locandina dell’evento:
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L’Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani è l’associazione italiana per la formazione professionale multidisciplinare, sia di base che di aggiornamento professionale più attiva in Italia. Vanta di numerosi soci sostenitori come psicologi, medici psichiatri, mediatori familiari, sociologi, pedagogisti, assistenti sociali e insegnanti.
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