Un’altra tegola per i coniugi che si apprestano a diventare ‘ex’. Per fare domanda di separazione si dovrà infatti pagare il contributo unificato: 37 oppure 85 euro a seconda che la procedura sia consensuale o no. Nelle pieghe del decreto legge della manovra, all’interno del capitolo «Disposizioni per l’efficienza del sistema giudiziario e la celere definizione delle controversie», c’è infatti una norma che cancella un riferimento nell’elenco dei procedimenti da svolgere in tribunale per i quali non si paga nulla.
Si tratta del ‘capo’ relativo ai procedimenti in materia di famiglia. Da mercoledì (data di entrata in vigore della manovra), la presentazione in tribunale della domanda di separazione personale non è più senza oneri. I richiedenti devono infatti versare il contributo nelle due misure stabilite dalla manovra stessa: nel caso si scelga la via consensuale, bisogna pagare 37 euro; nel caso invece la crisi coniugale abbia anche scatenato questioni patrimoniali o relative alla prole, ed è dunque richiesto l’intervento del giudice, il contributo balza a 85 euro.
La tassazione più alta colpisce anche i procedimenti di modifica delle condizioni stabilite nel corso della separazione stessa, come l’assegno di mantenimento o interventi legati alla prole o l’assegnazione della casa familiare. Secondo la relazione tecnica della manovra, il contributo dovrebbe comportare un gettito di circa 10 milioni e mezzo (grosso modo un ottavo dei maggiori proventi derivanti dal complesso degli aumenti sulla tassa-giustizia). Stime basate sui dati 2010, in cui si sono registrati quasi 114mila separazioni e oltre 66mila divorzi. Nel 70% dei casi la strada è stata quella consensuale.
IL SOLE24 ORE.it
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