La motivazione «La coppia è già gravata dalla malattia dell’ altro bimbo»
MILANO – «Non è ritenuta idonea»: quando hanno aperto la raccomandata Elena e Patrick non ci volevano credere. Rilessero, insieme. Non avevano letto male. Sposati dal 2004 dopo anni convivenza, 36 anni lei, 38 lui, un figlio di sei, buon lavoro per entrambi, casa nel Varesotto, avevano fatto domanda di adozione internazionale. Negata dal Tribunale dei minori di Milano. Carabinieri, servizi sociali e psicologo incaricato dall’ Asl avevano dato parere favorevole. Contrario solo il pubblico ministero: «La coppia, già gravata dalla malattia del figlio naturale» non può «essere gravata anche da problematiche e rischi che l’ adozione internazionale potrebbe comportare». Il figlio ha infatti una forma di epilessia, la sindrome di Dravet. «La prima crisi a sei mesi e fino ai tre anni è stata dura. È borderline per la sua malattia: va all’ asilo, ha un maestro di sostegno, un lieve ritardo psicomotorio, un disturbo dell’ attenzione, è iperattivo. So che sembra assurdo, ma non potevamo sperare di meglio». Elena si illumina parlando del figlio: «Quando lui entra in classe è come se entrasse il sole». La sentenza è stata impugnata in Appello, previsto per domani. «Nasce da un pregiudizio sulla disabilità, in contrasto con Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, Costituzione e legge 67/2006, che vieta la discriminazione a causa di disabilità. E la decisione della Corte d’ Appello si porrà come precedente al quale fare riferimento», spiega Rosa Cervellione, presidente della Federazione Italiana Epilessie. Di diverso parere Mario Zevola, presidente del Tribunale dei Minori: «Curiamo gli interessi dei minori. Si cercano le coppie che garantiscano le migliori condizioni e non determino problemi ai bambini abbandonati». L’ avvocato Cesare Rimini, uno dei più esperti in Italia sul diritto di famiglia, è cauto: «Occorre conoscere bene i casi, ma è inutile pensare di dare al bambino una famiglia da “Mulino bianco”. Il fatto che la coppia abbia però superato positivamente altre prove è cosa che qualifica e non squalifica. Fondamentali sono qualità e disponibilità dei genitori». Patrick è sul campetto di calcio ad allenare i ragazzini del paese: «Vorrei chiedere al giudice che ha deciso di venire a vedere come viviamo. E fargli conoscere nostro figlio: è meraviglioso».
Corriere.it
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