Con la sentenza n. 6868 del 20 marzo 2013, la Cassazione ha confermato la decisione con cui i giudici di merito avevano respinto la domanda avanzata da un uomo al fine di veder revocato l’assegno divorzile che lo stesso doveva versare alla ex moglie in conseguenza della vendita della casa familiare e della conseguente divisione del ricavato a metà tra i coniugi.
I giudici di legittimità, nel confermare l’obbligo del contributo mensile, hanno sottolineato come, nella specie, era irrilevante la somma che la donna aveva ricavato dalla vendita dell’immobile comune, stante la sostanziale disparità della situazione patrimoniale della stessa, una casalinga, rispetto a quella dell’ex marito. Senza contare che la donna, inoltre – continua la Corte –doveva provvedere al reperimento di altro alloggio e a oneri connessi.
In tema di attribuzione dell’assegno di divorzio – si legge nel testo della decisione – il giudice deve “verificare l’esistenza del diritto in astratto in relazione all’inadeguatezza, al momento della decisione, dei mezzi o all’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, raffrontati a un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio o che poteva legittimamente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio, fissate al momento del divorzio”.
Parimenti, la Cassazione, con la sentenza n. 6888 depositata sempre il 20 marzo 2013, ha sancito l’illegittimità anche della revisione dell’assegno divorzile nell’ipotesi di acquisto, da parte del coniuge onerato dell’assegno divorzile, di un immobile qualora si ravvisi che il beneficiario dell’assegno risulti impossidente anche alla data del divorzio e che l’acquisizione dell’immobile da parte del primo coniuge non possa essere avvenuta con proventi di entrambi.