Interessante sentenza della Corte di Cassazione che ha stabilito il principio secondo il quale si può essere conviventi, e quindi una famiglia, anche se non si vive sotto lo stesso tetto.
La Suprema Corte ( ordinanza 3767/2018 ), ribaltando un pronunciamento della Corte di Appello di Milano, ha sancito che possono essere considerati conviventi di fatto anche coloro che hanno abitazioni o residenze anagrafiche differenti.
La convivenza è un «legame affettivo stabile e duraturo» tra due persone che «abbiano spontaneamente e volontariamente assunto reciproci impegni di assistenza morale e materiale» a prescindere da un’effettiva «coabitazione» della coppia. Sono questi, per gli Ermellini, i tratti distintivi della convivenza e non necessariamente la coabitazione.
Il pronunciamento è avvenuto a seguito di una richiesta di risarcimento del danno per la perdita del compagno, intentata dalla donna. Secondo gli Ermellini infatti il danno per aver perso un proprio caro non è di per sè collegato alla sola circostanza che si conviva, o che si abbia una residenza diversa rispetto a quella del de cuis, poichè la perdita, e quindi la sofferenza cagionata da questa, è qualcosa di tipico dell’essere umano e pertanto deve considerarsi sussistente in virtù del semplice vincolo parentale che intercorre tra il defunto ed i congiunti.
Il punto di domanda è se questa sentenza possa avere valenza anche nei giudizi di separazione e divorzio, ove, come è risaputo, la nuova convivenza del richiedente il contributo al mantenimento, determina la perdita del riconoscimento di usufruire di tale diritto.
Avv. Claudio Sansò
Coordinatore Nazionale AMI
Presidente AMI Salerno