PADOVA (30 agosto) – (G.Colt.) Sospesa la potestà genitoriale ad una coppia nigeriana che si opponeva all’intervento chirurgico sul figlio di quattro anni affetto da tumore al bulbo oculare. Una decisione coraggiosa quella adottata dai giudici del tribunale dei minori veneziano.
E necessaria – confortata dalla consulenza di un luminare oftalmologo – per salvare la vita al piccolo. Ma per eseguire l’ordinanza e affidare il bambino ai medici, l’altro pomeriggio in via Ceron, a Ponte di Brenta, è dovuta intervenire in forze la polizia.
Il più frequente tumore oculare dell’infanzia, che può manifestarsi anche a pochi mesi di distanza dalla nascita, è il retinoblastoma. È una neoplasia definita rara, che colpisce un bambino ogni 16 mila nascite, e solitamente interessa un solo occhio. È un tumore mortale se non viene tempestivamente identificato e curato. Preso in tempo può essere vinto con successo con una terapia conservativa adeguata.
Ma quando il male raggiunge dimensioni invasive, unica soluzione per evitare che la neoplasia invii metastasi attraverso il sangue (a rischio il fegato e il cervello) è un intervento demolitivo: l’enucleazione del bulbo, cioè togliere tutto.
Ritrovarsi con un figlio senza un occhio non è sicuramente una decisione facile da prendere. La coppia nigeriana prima ha tergiversato, poi si è opposta energicamente all’intervento chirurgico. Sperava in un miracolo. Forse anche la cultura ha avuto un suo peso. L’integrazione è un processo lungo e complesso. Padre e madre non sono stati minimamente sfiorati dall’idea che è meglio avere un figlio senza un occhio piuttosto che piangere un figlio morto.
Non c’era via d’uscita. Per questo è stato chiesto l’intervento del tribunale dei minori. La legge attribuisce ai genitori un lungo elenco di doveri, primo fra tutti quello di salvaguardare la salute dei figli. In caso di incapacità o inadeguatezza interviene lo Stato. Anche se un pregiudizio al minore non si è ancora concretamente verificato: perchè è sufficiente il mero pericolo. E in questo caso i giudici hanno ritenuto che il pericolo fosse dietro l’angolo. Prima di decidere, hanno affidato ad un qualificato esperto il compito di esaminare la cartella clinica. E anche il perito si è trovato concorde nella necessità di affidare al bisturi dei chirurghi la salvezza del piccolo, prima che fosse troppo tardi.
È toccato ai servizi sociali del Comune dare esecuzione all’ordinanza. Era prevedibile che in via Ceron gli assistenti sociali avrebbero trovato notevole resistenza. Non è stato facile prelevare il bambino da casa. Sono state necessarie tre “volanti” della polizia per tenere a freno un genitori, parenti e connazionali. Che alla fine hanno capito: per il bene del bimbo.
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