SANAA. CRONACA DI UNA MORTE ANNUNCIATA

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La barbara uccisione di Sanaa provoca in tutti noi un senso di orrore, disgusto e di paura.


Nel 2009, in Italia, una ragazza può essere sgozzata come un capretto dal padre, rea di intrattenere una storia d’amore con un italiano.


Stiamo affrontando da tempo la questione dell’integrazione degli stranieri in Italia.


Dopo questo ennesimo episodio incivile ritengo davvero che l’integrazione di una parte minoritaria (ma molto inquietante) di musulmani sia pura utopia.


Le “motivazioni” paterne alla base dell’efferato crimine sono ancora più gravi ed inquietanti del fatto omicidiario stesso. Esse presuppongono, senza dubbi di sorta, il predominio assoluto, il diritto di vita e di morte di alcuni padri/mariti musulmani nei confronti di mogli e figli.


Fino a quando è lecito per un Paese come il nostro accettare tutto questo?


Quanti ragazzi islamici sono compagni di scuola e di giochi dei nostri figli?


E se mio figlio si innamorasse di una marocchina o un’algerina a quale rischio andrebbe incontro?


Nella migliore delle ipotesi sarebbe costretto a convertirsi all’ISLAM pur di “legittimare” il suo amore.


Nella peggiore, assisterebbe allo sgozzamento della fidanzata, sempre che riesca a portare a casa la pelle.


Come avvocato, come padre e come italiano, non intendo accettare tutto questo.


E non credo proprio di essere il solo.


Né mi sentirei di condizionare mio figlio a non innamorarsi di un’ egiziana o di un’albanese (anche se la tentazione è forte).


Voglio lottare per la libertà di mio figlio e per quella delle sue compagne islamiche.


Nessuno, in nome di strane interpretazioni religiose, può uccidere a coltellate un amore.


Tanto meno un padre.


E non voglio più sentire dichiarazioni allucinanti come quelle della madre di Sanaa, che a “Porta a Porta” ha considerato la figlia, massacrata sullo stesso piano di responsabilità di quell’assassino fanatico del marito/padre.


Probabilmente questa donna non avrebbe potuto dire altro!!!


E ciò mi disgusta ancora di più.


Significa che una madre islamica non è libera nemmeno di piangere una figlia sgozzata o di odiare il padre-padrone che uccide in nome della religione o dell’odio verso noi occidentali infedeli.


Non ne posso più, perché amo la libertà per la quale offrirei tutto ciò che ho.


Qualsiasi attacco alla libertà e alla vita devono  essere combattuti.


Spesso noi italiani ci siamo sentiti “razzisti ed intolleranti”.


Sarà.


Ma ho l’impressione che i veri razzisti siano questi fanatici che, pur di rivendicare le loro leggi e i loro dogmi, sono capaci di uccidere una figlia piuttosto che vederla accanto a uno dei nostri.


Penso, allora, che il tempo dei giudizi sterili contro un certo “ISLAM” sia finito.


Occorre passare all’azione.


In ogni parte d’Italia vanno organizzati Centri Antiviolenza ad hoc per tutelare le donne islamiche o le migliaia di donne italiane che hanno sposato musulmani.


Occorre sensibilizzare le bambine con il velo che la loro dignità femminile non è più negoziabile.


Occorre far comprendere ad una certa parte di italiani che il razzismo e le intolleranze non vanno confusi con la difesa della libertà delle persone.


L’Islam non è violenza, ma chiunque uccide in nome del  Corano  è solo una bestia ed è il primo a non credere in Dio.


Nient’altro che questo.


 


                                                                        Avv. Gian Ettore Gassani


                                                                      Presidente Nazionale AMI

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