ROMA (10 ottobre) – «Non sapevo dove sbattere la testa, per mesi ho dormito in macchina, passavo la notte sui sedili, la mattina mi svegliavo infreddolito e con le ossa rotte, andavo a lavorare in condizioni pietose. Sono un padre separato, costretto a chiedere asilo ai genitori, a mio fratello, agli amici… Una povertà senza dignità, questa, che non ti permette più di fare il padre. Con la tua ex litighi, perchè è finita, ma con i figli… se non puoi neppure comprargli un gelato, portarli al cinema o fargli il regalo di Natale… ti senti uno schifo». Andrea C., 40 anni, romano, sposato per sette anni, colleziona querele. «Lei vuole distruggermi, tra noi – la voce di Andrea si spezza – è una guerra continua. Mi denuncia perchè non riesco a versare l’assegno per intero. Il giudice ha stabilito che io paghi 1.200 euro al mese, più 500 per la rata del mutuo, ma ad averceli quei 1.700 euro! Ti separi e dovresti reggere due case, impossibile, diventi un barbone…».
Andrea è impiegato in una emittente privata, ha una bambina che oggi ha nove anni, si è separato quattro anni fa: «C’è una sproporzione pazzesca tra il mio reddito e l’assegno di mantenimento, al giudice e a lei non importa, posso finire per stracci… Sì, la casa va a loro, ed è giusto che io dia soldi. Ma come vivo se, dopo avere dato l’assegno, non posso permettermi un tetto?».
Matteo L., 36 anni, due figli, ha una storia analoga: «Ho portato in tribunale la mia busta paga, facevo il corriere a 1.200 euro al mese, il negozio che avevo prima è fallito e i 2000 euro chiesti dal giudice sono impossibili. Mi è crollato il mondo addosso quando ho bussato alla porta dei miei. E non basta. La tragedia vera è che “se non-paghi-non-vedi i figli”, ufficialmente lei ti dice che hanno la febbre, che quel week-end non è il tuo. Ti tagliano fuori. Loro, i bambini, in questo clima avvelenato si allontanano da te».
I fallimenti matrimoniali hanno prodotto un nuovo fenomeno. C’è una generazione di quarantenni che i sociologi hanno battezzato “generazione boomerang”. Stanno tornando nella casa d’origine, confortati dall’abbraccio materno. «Non per avere la camicia stirata e la cena pronta – afferma l’avvocato Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione nazionale dei matrimonialisti – Molti vivono in condizioni di quasi miseria, ho assistito gente finita alla Caritas per un piatto di minestra, la verità è che la separazione rende poveri.
Sono oltre 500mila le persone con più di quaranta anni costrette a chiedere asilo ai propri genitori. La separazione oggi è roba da ricchi. D’altra parte, se la media degli stipendi è di 1.300 euro e ne devi sborsare 800 alla ex, come vivi? Non hai mezzi di sostentamento, sei in condizioni disperate. In questa situazione frana tutto e non si salva neppure il rapporto con i figli. Ecco perché molti padri separati perdono la casa e gli affetti». Se un tempo tornare nella dimora degli anziani genitori equivaleva a dichiararsi sconfitti, ora non più. E quanto sia consistente il fenomeno dei rientri ce lo dice l’Istat, che già nel 2003 aveva rilevato un dato allarmante: il 37,9% delle persone separate o divorziate tra 35 e 49 anni era stata costretta a tornare nella famiglia di origine, con non pochi problemi di coabitazione, con genitori costretti a riaprire le “camerette” e a sostenere economicamente i figli-adulti.
Un boomerang per coppie di anziani che avevano calibrato i loro standard di vita sulla pensione e che all’improvviso hanno dovuto fare fronte all’emergenza. Purtroppo manca una legislazione che tenga conto dei nuovi bisogni delle famiglie, delle coppie che si separano e delle conseguenze delle unioni spezzate. Solo la Liguria ha varato norme ad hoc, dopo che le cifre di chi torna dai genitori sono cresciute in modo esponenziale. Della legge è “padre” Alessio Saso, consigliere regionale del Pdl.
E ora sembra che anche Piemonte e Toscana ne stiano discutendo, mentre in Parlamento il tentativo timidamente abbozzato un paio di anni fa è caduto nel vuoto. Eppure la precarietà dei matrimoni e il numero crescente delle separazioni renderebbero necessari robusti interventi.
Il 25% delle rotture avviene a meno di sei anni dalle nozze, nel 2005 le separazioni sono state 82.291 e i divorzi 47.036. Con un incremento delle separazioni del 57,3% negli ultimi quindici anni. «La povertà dei separati è drammaticamente vera – esordisce Giorgio Vaccaro, avvocato esperto di mediazione familiare – Nell’85% dei casi ci troviamo di fronte a persone in difficoltà economica. Nelle grandi città, soprattutto a Milano e a Roma, gli alti costi degli alloggi rendono quasi impossibile una soluzione. Solo in qualche caso il rientro è “strategico”, le mamme sono una salvezza, però è comunque una decisione dolorosa.
E poi non ci sono solo i matrimoni falliti, c’è chi torna per colpa della crisi e per la perdita del lavoro». Marina Marino, presidente dell’Associazione italiana avvocati di famiglia, l’Aiaf, prende un po’ le distanze: «Gli uomini separati sono sempre ritornati a casa, fa comodo, nella madre trovano una formidabile alleata. Tuttavia il problema c’è, per chi ha stipendi ridotti la separazione è un lusso». Le rotture matrimoniali, la recessione, i lavori precari e la stretta sui crediti pesano su questi fenomeni. «Fenomeni che cominciano da lontano – sostiene Anna Laura Zanatta, docente di Sociologia della famiglia alla Sapienza – C’è una generazione che esce tardi da casa, il 60% dei giovani tra i 25 e i 29 anni vive ancora con mamma e papà, così il 31% delle persone tra 30 e 34enni. Una “adolescenza” protratta che ha dato vita alle cosiddette famiglie “allungate”.
Ebbene, questa generazione, quando si sposa e fallisce il matrimonio, trova “normale” tornare nella casa d’origine». Così gli anziani si ritrovano dei figli-inquilini con i quali dover imparare nuove forme di convivenza.
Tratto dal Messagero.it