(ANSA) – ROMA, 3 LUG – L’ipotesi di trasferire ai notai il
compito di trattare le separazioni dei coniugi, senza figli da
tutelare, in sostituzione dei Tribunali, trova il “netto
dissenso” dell’Ami (Associazione Avvocati Matrimonialisti
Italiani).
“L’ enorme complessità della materia familiare, che
presuppone una elevatissima preparazione specialistica – dice
l’avvocato Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione –
non può essere tolta alla giurisdizione e consegnata ai notai
per deflazionare il carico di lavoro dei giudici. Senza nulla
togliere al valore del notariato italiano – dice ancora Gassani
– preme sottolineare che la formazione professionale notarile e
gli interessi che i notai trattano quotidianamente sono del
tutto incompatibili con il diritto di famiglia, specie nella
fase più critica che è la separazione dei coniugi. Esistono
situazioni apparentemente gestibili e consensuali che possono
trasformarsi in tragedia. Gran parte dei conflitti tra i coniugi
esplodono successivamente alla definizione consensuale della
loro separazione”.
“Un notaio, pertanto – sottolinea il presidente
dell’Associazione Avvocati Matrimonialisti – non può sostituire
un giudice. L’esigenza di deflazionare la giustizia non può
essere risolta togliendo alla giustizia la materia giuridica più
complessa e pericolosa di tutte, il diritto di famiglia. Non si
può giocare al risparmio nè sono chiari quali sarebbero i costi
del cittadino nel separarsi dinanzi al notaio”.
“L’Ami, da sempre – aggiunge Gassani – ha invocato il varo
del Tribunale della Famiglia, che il Ministero della Giustizia
ha dichiarato di prendere in esame. Questo nuovo tribunale
dovrebbe essere composto da magistrati altamente specializzati e
competenti per l’intera materia familiare e minorile. La realtà
è che in Italia si investono fondi per la lotta alla
criminalità, organizzata e non, si spendono 230 milioni all’anno
in intercettazioni telefoniche, e nulla si fa, se non ipotizzare
di sfrattare le separazioni dai tribunali, per investire su un
settore, come quello familiare, che produce più vittime della
mafia”. (ANSA).
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