La vicenda della piccola Anna Giulia rappresenta il simbolo della grave crisi dei rapporti tra molte famiglie italiane e la giustizia minorile. Da più parti si invoca l’abrogazione dei Tribunali per i minorenni, per altro creati dal regime fascista con il recondito fine di esercitare il controllo dei cittadini ricattandoli attraverso l’uso strumentale della tutela dei figli.
Ovviamente nel corso della storia i giudici minorili italiani hanno invece dato prova di grande capacità e modernità: ciò nonostante la complessità delle esigenze familiari attuali imporrebbe una riqualificazione della giustizia familiare e minorile attraverso il varo del Tribunale della Famiglia per il quale l’Ami già nel 2009 ha avviato contatti con il Ministero della Giustizia.
L’avv. Gian Ettore Gassani, presidente nazionale Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani: “L’attuale giustizia minorile troppe volte appare succube dello strapotere dei servizi sociali che in alcune realtà giudiziarie incidono in modo determinante sulle decisioni dei giudici in ordine al destino di molti minori, come nel caso di Anna Giulia. L’Ami inoltre ritiene che il diritto di difesa dei genitori nel processo minorile sia del tutto marginale rispetto a ciò che accade dinanzi alla giurisdizione ordinaria: emerge uno strapotere dei giudici minorili che diventa ancora più insopportabile ed anticostituzionale nel momento in cui i tempi dei procedimenti sono particolarmente lunghi finendo con il vanificare anche i provvedimenti giusti e più necessari adottati nell’interesse del minore”.
“Il rapimento dei genitori – continua – non può essere considerato più grave del ‘rapimento di Stato’ se si considera che l’allontanamento di un minore dev’essere sempre finalizzato al recupero del rapporto genitori-figli. Nel caso di specie l’Ami si augura che sia la coppia che gli organi competenti possano impegnarsi per risolvere una vicenda simbolo di tante altre e che soprattutto la bimba possa essere immediatamente affidata ai parenti e non ad una nuova casa famiglia; l’affidamento dei minori presso le case famiglia dev’essere considerata soltanto come ‘l’ultima spiaggia’ in considerazione peraltro del sospetto, adombrato da molti, che dietro questi affidamenti si nascondano squallidi interessi economici (un bambino affidato a tali strutture costa allo Stato tra i 150 ed i 300 euro al giorno). Ovviamente si tratta di sospetti eccessivi considerando l’impegno di tante case famiglia, specie nelle zone più complesse del Paese. Resta il principio: occorre prevedere l’utilizzo delle stesse soltanto in casi eccezionali”.
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