Negli ultimi anni le richieste di adozioni internazionali si sono presentate decisamente in aumento con una stima in cinque anni di circa 85.000 richieste e 2000 adozioni l’anno.
Nelle tabelle qui di seguito riportate aggiornate al 2009 troviamo una panoramica specifica relativa alla provenienza dei bambini e della loro età nel momento dell’adozione.
Tab.1. Paesi di provenienza dei bambini più piccoli
( 2009) Paese di provenienza DEL MAGGIOR NUMERO di bambini PIU’ PICCOLI |
VIETNAM : 125 bambini con età media di 0,86 anni
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Tab.2. Paesi di provenienza dei bambini più grandi
( 2009) Paese di provenienza DEL MAGGIOR NUMERO di bambini PIU’ GRANDI |
LITUANIA : 26 bambini con età media di 8,36 anni
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Tab.3. Principali Paesi di provenienza dei bambini nel 2009
( 2009) Paese di provenienza DEL MAGGIOR NUMERO di bambini? |
FED RUSSA : 336 bambini
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Tab. 4. Principali Paesi di provenienza dei bambini nel 2008
( 2008) Paese di provenienza DEL MAGGIOR NUMERO di bambini? |
UCRAINA : 640 bambini
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La mediazione tra due mondi lontani rientra in uno dei difficili compiti affidati al minore : lo straniero, la sua famiglia, la società di partenza, la società ospitante , le comunità di connazionali presenti nel paese ospitante .
Abbiamo quattro possibilità di adattamento , haimè non sempre funzionale :
1) “ la resistenza culturale”, ovvero i molteplici aspetti che vanno dalla lingua alla cucina, dall’abbigliamento al modo di comportarsi nella società, alle modalità di comunicazione verbale e non verbale . Inoltre le amicizie vengono ridotte al minimo nei confronti dei coetanei non connazionali, con formazione di sottogruppi, come “comunità incistate ”, nei quali i momenti di scambio e di confronto con l’esterno si riducono paurosamente all’indispensabile.con rafforzamento dell’identità etnica che dovrebbe portare, invece che ad una chiusura ghettizzante, ad un pluralismo multiculturale.
2) “L’ assimilazione”,processo con cui il minore straniero aderisce con totale immersione all’identità della società in cui giunge , rinnegando però la cultura di origine con il rischio di svalorizzare parti del sé e della propria cultura di origine e in realtà di realizzare una integrazione fittizia con la società ospitante.
3)Terza possibilità : “ La marginalità” caratterizzata da identità confusa, tra la cultura di origine e quella del nuovo paese. Non riuscendo a collocarsi in nessuna delle due, rimangono incapsulati in entrambe senza riuscire a scegliere tra l’affetto familiare e il fascino dell’emancipazione.
4) La quarta possibilità detta della “doppia etnicità”, che viceversa rappresenta la soluzione ottimale , con duplice senso di appartenenza porta ad un’armonica integrazione dei valori delle due diverse culture., in grado di superare anche il razzismo istituzionale.
In caso di Fallimento nell’adozione internazionale, non vengono “restituiti” al loro paese di origine,così come nel caso di fallimento nelle adozioni nazionali solitamente non vengono riaffidati alla famiglia a causa dei consequenziali , intuibili disagi . Per entrambe le casistiche la destinazione ultima è l’Istituto Italiano.
Comunque di questi ragazzi allontanati dalle famiglie adottive circa un terzo ha successivamente fatto ritorno alla famiglia adottiva, registrando pertanto soltanto un fallimento transitorio dell’adozione. Di questi alcuni, al raggiungimento della maggiore età, sono riusciti a raggiungere una apprezzabile autonomia , viceversa altri sono stati indirizzati ad altre famiglie adottive.
Le relative statistiche riportano percentuali oscillanti tra l’1,7% e il 3% di adozioni incompiute o interrotte. Questi dati portano a riflettere anche sulla non efficacia funzione genitoriale e sulle possibili soluzioni da adottare.
In numerosi anni di ricerche condotte sull’argomento dalla Cattedra da me diretta, che hanno portato alla pubblicazione di una “piccola guida” nel volume “La comunicazione in famiglia” (2002, Armando Editore), abbiamo riportato gli otto errori educazionali ormai codificati dalla letteratura internazionale e in considerazione di quanto sopra e dunque più nello specifico in merito ai comportamenti genitoriali che possono minare l’autostima del figlio, sempre in estrema sintesi abbiamo:
1. l’abnorme autoritarismo (espresso come dominanza parentale o iperprotezionismo genitoriale);
2. abnorme indulgenza e lassismo (sottomissione parentale);
3. figure genitoriali inefficaci, nevrotiche e malsicure da introiettare;
4. atteggiamenti materni immaturi, possessivi, punitivi (ostilità nevrotica);
5. comunicazione affettiva genitoriale asettica e solo formale;
6. disturbato rapporto di coppia (che inficia l’affettività verso i figli);
7. atteggiamenti genitoriali ambivalenti, con abnormi divieti (a parole) seguiti da “facile accondiscendenza” (a fatti) o viceversa;
8. incongruenze decisionali e di esempi.
Peraltro così si possono schematizzare gli stili educativi:
1. stile affettivo – positivo: riconosce il diritto degli altri ad essere importanti, a crescere, a diventare autonomi; si tratta di uno stile che offre aiuto, dà il permesso di cambiare, dà il permesso di vincere (frasi tipiche: “Hai fatto un buon lavoro…” “Puoi fare da solo, ci riuscirai …“ “Se hai bisogno di me, sono qui … ” “Hai imparato molto rispetto all’altra volta …. ”);
2. stile affettivo – negativo: invita alla dipendenza, perché nega, giudica, disconosce le possibilità di crescere e di imparare, impedisce l’autocontrollo e l’autodeterminazione;
3. stile critico – positivo: mostra come far bene le cose, come cambiare e come vincere; sostiene l’altro come persona che cresce, prospetta alternative, aiuta ad individuare le conseguenze, crea le condizioni affinché l’altro arrivi al successo, insegna modi per acquisire competenze, insegna a chiedere aiuto (frasi tipiche: “Vediamo come si fa …” “Oggi abbiamo questo obiettivo … analizziamo le nostre risorse per raggiungerlo…” “Proviamo ad immaginare questa soluzione.., quali conseguenze?”);
4. stile critico – negativo: è uno stile che ridicolizza, paragona, mette in difficoltà, usa il sarcasmo, biasima (frasi tipiche: “Tu sempre…” “Tu mai…” “Cosa si può pretendere da uno come te …” “Anche questa volta non sei riuscito a …”).
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Molto spesso i genitori adottivi non sanno come farsi aiutare o temono un giudizio negativo. È ormai un fatto noto che per un bambino la necessità di una famiglia è indispensabile per poter crescere con un’immagine positiva di sé, soprattutto dopo aver subito l’allontanamento da una famiglia particolarmente problematica e disfunzionale.
I dati internazionali comunque evidenziano un analogo rischio di fallimento rispetto all’adozione nazionale, con equidistribuzione e peraltro maggiori difficoltà per i figli provenienti da adozione nazionale.
Tab. 5. Percentuali di adozioni fallimentari rispetto al paese di origine
Paese di origine | N. fallimenti | % sul tot. |
Brasile | 44 | 26,8 |
Russia | 21 | 12,8 |
Colombia | 20 | 12,2 |
Romania | 17 | 10,4 |
Polonia | 14 | 8,5 |
Cile | 9 | 5,5 |
India | 8 | 4,9 |
Perù | 7 | 4,3 |
Altri | 24 | 14,6 |
Totale | 164 | 100,0 |
Possiamo aggiungere alcune considerazioni:
– i bambini rumeni adottati sono sempre in numero maggiore rispetto ai bambini brasiliani, nonostante questo i rumeni hanno un numero di fallimenti inferiori
– solo 3 sono i riabbandoni dei bambini provenienti dalla Bulgaria, nonostante l’alto numero di minori dati in adozione
– allo stesso modo sono solo 2 i casi di riabbandono dei minori provenienti dall’Ucraina
In una più ampia panoramica il 51.5% dei riabbandoni riguarda bambini dei paesi dell’America meridionale, il 39.3% riguarda bambini dell’Europa orientale.
Interessanti ulteriori caratteristiche dei bambini provenienti dal Brasile:
– vi è una prevalenza di maschi abbandonati rispetto alle femmine
– un quarto dei bambini ha un’età all’ingresso compresa tra 0 e 2 anni e tre quarti tra 0 e 8 anni
– spesso questi bambini arrivano dopo esperienza di vita particolarmente provata e densa di deprivazioni.
Analizzando l’età delle coppie adottandi , nei casi di fallimento si registra un’età media pari ai 45 anni per i mariti e 42 per le mogli. (Vedi Tab. 6).
Tab. 6: Rapporto CAI (giugno 2007)
Fascia d’età genitore | % donne | % uomini |
< 30 | 0,7% | 2,7% |
30-34 | 10,8% | 20,0% |
35-39 | 33,5% | 36,3% |
40-44 | 32,6% | 27,6% |
45-49 | 14,6% | 10,0% |
>= 50 | 7,8% | 3,5% |
Inoltre la crisi dell’esperienza adottiva si concentra negli anni della crescita adolescenziale attorno ai 13 anni, la durata media dell’adozione è di circa 5 anni e mezzo. (Tab. 7)
Tab.7: Correlazione tra allontanamento ed età del minore
% allontanamento sul totale | Fascia di età |
17,8% | 9 – 11 |
38,6% | 12 – 14 |
30,1% | 15 – 17 |
13,5% | Altre fasce |
Tab 8: Motivazioni principali come causa dell’allontanamento
Motivazione | Incidenza | % |
Difficoltà di relazione | 32 | 23% |
Conflittualità con la famiglia | 31 | 23% |
Inadeguatezza e incapacità della coppia | 24 | 18% |
Altre | 50 | 36% |
Totale | 137 | 100% |
Tra i casi di minori allontanati dalla famiglia adottiva si nota un numero elevato di minori adottati insieme a uno o più fratelli ma prevalentemente l’allontanamento è solo del fratello maggiore. La spiegazione più semplice da individuare è che il figlio maggiore porta con sé un vissuto molto più travagliato e problematico e pertanto molto più difficile da gestire.
Considerazioni conclusive:
– la normativa ha alzato l’età massima di differenza tra adottato e adottante a 45 anni;
– l’età media dei bambini in adozione è in costante lieve ascesa;
– le storiche provenienze europee (Bulgaria, Romania, Bielorussia) hanno lasciato il posto a bambini provenienti da luoghi più lontani ed esotici (sud-est asiatico e Africa).
– Particolare attenzione è da rivolgere alla fase educativa preventiva della coppia genitoriale adottiva , spesso autodidatta ma altrettanto spesso priva di quelle coordinate educazionali sia pur minime per garantire un evitamento delle delusioni traumatizzanti per tutti , ivi incluse le istituzioni nazionali ed internazionali , la coppia e il singolo bambino emozionalmente da sempre fiducioso nella altrui , equilibrata donatività affettiva.
– Vincenzo M. Mastronardi
– [1] Psichiatra.Psicoterapeuta Titolare della Cattedra di Psicopatologia Forense – I Facoltà di Medicina – Direttore del Master in “Scienze Criminologico – Forensi” e dell’Osservatorio dei Comportamenti e della Devianza Università degli Studi di Roma “Sapienza”.