Separazione dei coniugi – Alimenti e mantenimento

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Corte di Cassazione Civile sez. I 10/3/2011 n. 5766


Svolgimento del processo
Con sentenza n. 523/05 il Tribunale di Civitavecchia pronunciava la separazione personale tra i coniugi P.N. ed S. A., respingendo le reciproche domande di addebito e quella di assegnazione della casa coniugale proposta dalla moglie, cui attribuiva l’assegno di mantenimento di Euro 1.032,91 mensili, con rivalutazione annuale secondo gli indici ISTAT dal gennaio 1999.

Proposto appello dal P. ed appello incidentale dalla S., con sentenza del 18 gennaio – 24 maggio 2007 la Corte di Appello di Roma rigettava entrambe le impugnazioni, osservando in motivazione, per quanto in questa sede rileva, che correttamente il primo giudice aveva affermato che sulla base delle testimonianze assunte dovesse ritenersi come accertato un progressivo deterioramento dei rapporti tra i coniugi nell’arco dei lunghi anni di infelice convivenza, tale da indurre ad escludere specifica rilevanza causale ai comportamenti dell’uno e dell’altro, in particolare alle manifestazioni di aggressività verbale e fisica, confermate dalle prove orali assunte, e da ultimo anche all’allontanamento del P. dalla casa coniugale. Altrettanto correttamente il primo giudice aveva provveduto alla liquidazione dell’assegno di mantenimento, tenuto conto delle differenze reddituali e patrimoniali tra i coniugi, e specificamente del fatto che la moglie, proprietaria soltanto di un piccolo immobile sito nel suo paese di origine, non aveva mai espletato un’ attività lavorativa ed era gravata del pagamento di un canone di locazione di Euro 225,50, mentre il marito godeva di reddito da pensione, pari ad Euro 97.491,75 nel 2005, con ritenute di Euro 33.44,78, ed era proprietario di una villa in (omissis).


Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la S. deducendo due motivi. Ha resistito con controricorso il P., proponendo anche ricorso incidentale fondato su un motivo, cui la ricorrente principale ha a sua volta resistito con controricorso.


Motivi della decisione
Va innanzi tutto disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c. Con il primo motivo del proprio ricorso la S., denunciando violazione dell’art. 156 c.c., commi 1 e 2, e omissione, insufficienza e contraddittorietà di motivazione, censura la sentenza impugnata per non aver correttamente valutato, nella liquidazione dell’assegno, la sperequazione derivante dalle differenze reddituali esistenti tra i coniugi e per non aver tenuto conto degli altri elementi di fatto suscettibili di valutazione economica. Aggiunge che la Corte di Appello ha utilizzato l’ammontare delle somme depositate nel conto corrente intestato ad entrambi come elemento per confermare la misura dell’assegno, non considerando che dette somme erano state prelevate dal marito per l’acquisto di una propria abitazione. Osserva infine che il giudizio di congruità dell’assegno liquidato dal Tribunale appariva chiaramente in contrasto con i documenti in atti, comprovanti gli incrementi reddituali del marito, le sue proprietà immobiliari, la titolarità da parte della moglie soltanto di una modesta unità immobiliare, la sua mancanza di redditi e la sua invalidità. Il motivo è inammissibile. Ed invero la censura così sintetizzata, nonostante il formale richiamo ai vizi di violazione di legge e difetto di motivazione, si risolve in una contestazione in fatto delle argomentazioni svolte dalla Corte di Appello a fondamento della propria statuizione ed in una sollecitazione ad una diversa valutazione del materiale probatorio acquisito e puntualmente richiamato nella sentenza impugnata. Peraltro la censura di vizio di motivazione appare corredata da un momento di sintesi (omologo al quesito di diritto) del tutto generico, in quanto privo di ogni riferimento al fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero alle ragioni per le quali l’insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, come prescritto dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis. Con il secondo motivo, denunciando violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e omessa motivazione, si deduce che la sentenza impugnata ha ignorato le censure dedotte in appello, fornendo una motivazione per relationem alla decisione del Tribunale, e quindi in sostanza fornendo una motivazione apparente. Il motivo è infondato. Premesso che, come è noto, è pienamente legittima la motivazione per relationem della sentenza pronunciata in sede di gravame ove il giudice di appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, in modo che il percorso argomentativo desumibile attraverso la parte motiva delle due sentenze risulti appagante e corretto (v. per tutte Cass. 2010 n. 18625; 2008 n. 15483; 2006 n. 2268), va osservato che nella specie la Corte di Appello, nel condividere la statuizione del primo giudice, ha nuovamente esaminato la documentazione relativa alle posizioni reddituali e patrimoniali del P. e della S., evidenziando che quest’ ultima non ha mai lavorato, è proprietaria di un piccolo immobile nel suo paese di origine ed è onerata del canone di locazione. Il ricorso incidentale del P., diretto a censurare per omissione o contraddittorietà di motivazione la sentenza impugnata per non aver addebitato la separazione alla moglie, sia con riferimento alla relazione adulterina intrapresa che alla violazione dei doveri coniugali e familiari, è inammissibile, risolvendosi in una sollecitazione alla rivalutazione del materiale probatorio acquisito e ad un diverso apprezzamento di merito, a fronte della articolata motivazione della Corte di Appello, che nell’escludere l’addebito a carico dell’uno e dell’altro coniuge ha specificamente analizzato e comparato i comportamenti complessivi reciprocamente contestati ed emersi dalle prove assunte.


L’esito della lite induce alla compensazione delle spese di questo giudizio di cassazione.


P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE Riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese.


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