Tentò di suicidarsi con veleno per topi mentre era incinta, fu salvata e proseguì la gravidanza, ma per colpa del veleno la neonata è morta quattro giorni dopo il parto: ora la donna nello stato americano dell’Indiana è accusata di omicidio e rischia il carcere a vita. Lo scrive oggi il quotidiano britannico Guardian, sottolineando come il su caso abbia mobilitato organizzazioni per i diritti civili e gruppi femministi, secondo i quali rischia di costituire un precedente e aprire una breccia nella legislazione sulla libertà di scelta in materia di aborto. Bei Bei Shuan, 34 anni, trasferitasi dalla Cina negli Usa dieci anni fa, proprietaria di un ristorante a Indianapolis, è stata presa dalla disperazione quando ha appreso che il fidanzato, che sperava di sposare quando era incinta, era già sposato. La donna lo scorso 23 dicembre è andata in un negozio di ferramenta, ha acquistato pasticche di veleno topicida e ne ha ingerite alcune nel suo appartamento. Non è morta ed è stata convinta da amici a recarsi in ospedale, dove i medici le hanno salvato la vita e dove ha dato alla luce la figlia Angel la notte di Capodanno. Angel è morta dopo quattro giorni, probabilmente per gli effetti del veleno, e Shuan è stata ricoverata in un reparto psichiatrico per un esaurimento nervoso. In marzo è arrivato l’arresto per omicidio e “tentato feticidio”, e la donna, rinchiusa nel carcere della contea di Marion, rischia una condanna all’ergastolo. “Il caso ha implicazioni enormi per le donne in gravidanza, non solo nell’Indiana, ma in tutto il Paese”, afferma Alexa Kolbi-Molinas, avocato dell’American Civil Liberties Union. “Se permettiamo a uno stato di imprigionare una donna per qualunque cosa possa mettere a rischio la sua gravidanza, più nulla impedirebbe alla polizia di gettare in carcere una donna che (mentre incinta) si beve un po’ di vino o si fuma qualche sigaretta”, aggiunge. Katherine Jack, avvocato nel National Advocates for Pregnant Women (Napw), secondo la quale la donna in questione ha bisogno di sostegno psichiatrico più che di galera, “casi giudiziari come questo sono in aumento negli Stati Uniti e sono il risultato della retorica anti-abortista e di movimenti che vogliono dare priorità ai diritti del feto su quelli della donna”. Se il caso passasse, secondo
16 aprile – fonte: ANSA.
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