Tribunale di Rieti Sezione GIP/GUP Sentenza 15 giugno 2011 TRIBUNALE DI RIETI SEZIONE G.I.P./G.U.P. ORDINANZA DI ARCHIVIAZIONE (artt. 409 e ss. c.p.p.) Il giudice per le indagini preliminari, dott. letti gli atti del suindicato procedimento penale a carico di D. S. in ordine ai reati di cui agli artt. 388 e 570 c.p.; esaminata la richiesta di archiviazione formulata dal pubblico ministero; vista l’opposizione spiegata dalla p.o. Valesio Viviana; udite le conclusioni delle parti all’udienza camerale del 9.6.2011; OSSERVA Ritiene questo giudice che il procedimento in oggetto debba essere archiviato, non sussistendo sufficienti elementi per sostenere l’accusa in dibattimento. Dagli atti d’indagine è emerso che, con decreto del 3.4.2007, il Tribunale di Rieti omologava gli accordi di separazione consensuale fra l’odierno indagato e la persona offesa, che prevedevano, tra l’altro, l’affidamento congiunto dei due figli minori (nati nel 2001 e nel 2002) con collocazione presso la madre e la necessità per i genitori di concordare i periodi in cui i figli avrebbero trascorso, con ciascuno di essi, le vacanze estive, di Natale e di Pasqua. A causa dell’elevata conflittualità fra i coniugi venivano coinvolti i servizi sociali territoriali al fine di organizzare le modalità di visita dei figli e di regolamentare la frequentazione degli stessi nei periodi festivi. In data 11.6.2010 i coniugi, con l’ausilio degli assistenti sociali, concordavano il programma per il periodo estivo del 2010, prevedendo, tra l’altro, che dall’1 all’8 luglio i minori sarebbero andati in vacanza in Sardegna con il padre (cfr. documentazione prodotta dall’indagato all’udienza del 9.6.2011). La Valesio richiedeva più volte al D. in quale località avrebbe portato i figli, ma lo stesso forniva risposte evasive: dopo la partenza, in data 1 e 2 luglio la Valesio tentava di contattare il marito ed i figli (sulle rispettive utenze mobili) ma nessuno rispondeva alle chiamate. Al che, si recava presso i carabinieri di Fiano Romano, ma neanche il m.llo Catalano riusciva a mettersi in contatto con l’indagato. Quest’ultimo, poco dopo, si faceva vivo comunicando che i minori si trovavano in Sardegna in località Cala Gonone: nei restanti giorni di vacanza le comunicazioni erano rare e difficoltose. Ciò premesso, deve ritenersi che la condotta del D. non integri né il reato di cui all’art. 388 comma 2 c.p., né quello di cui all’art. 570 c.p. Il comportamento dell’indagato ha senz’altro pregiudicato il diritto del coniuge a conoscere il luogo di villeggiatura dei figli: trattasi di una violazione piuttosto grave (oltre che priva di qualsiasi giustificazione, non rispondendo ad alcun apprezzabile interesse dell’indagato), atteso che avrebbe impedito, o reso assai difficoltoso, alla madre – nella malaugurata ipotesi di un malore od altro impedimento del padre – di riuscire sollecitamente a recuperare i propri figli o a mettersi in contatto con essi. E tuttavia, non può essere accolta la tesi sostenuta nell’atto di opposizione secondo cui nel caso di specie l’indagato avrebbe omesso di fornire quel minimo di cooperazione necessaria a garantire l’esecuzione secondo buona fede del decreto di omologa emesso dal tribunale; in base a tale assunto, l’omessa comunicazione della località ove il D. intendeva trascorrere un periodo di villeggiatura con i figli avrebbe sostanzialmente eluso il punto 5 del decreto di omologa, che così recitava: «i genitori concorderanno i periodi che i figli trascorreranno rispettivamente con ognuno di essi durante le vacanze estive…». Ebbene, dall’esame della giurisprudenza formatasi sul reato de quo emerge che quest’ultimo è stato ravvisato in tutti i casi in cui l’elusione posta in essere dall’agente – che può essere costituita anche da una condotta meramente omissiva – determini l’impossibilità per uno dei genitori di esercitare un diritto regolato dal provvedimento in questione. Si vedano, ad esempio – in relazione a fattispecie in qualche misura accostabili a quella di cui al presente procedimento – Cass. pen., sez. VI, 11-05- Nei casi oggetto delle citate pronunce, la condotta dell’imputato ha determinato la frustrazione del diritto di visita e di frequentazione spettante all’altro genitore, diritto che aveva trovato espressa regolamentazione nel provvedimento del giudice civile. Viceversa, nel caso di specie, il punto 5 del decreto di omologa del Tribunale di Rieti prevede che i genitori debbano concordare soltanto i periodi in cui i figli trascorreranno le festività con ognuno dei genitori, il che costituisce un particolare tutt’altro che formale (o frutto di un approccio «burocratico» alla questione, come adombrato nell’atto di opposizione) atteso che l’aver limitato l’oggetto della negoziazione ai soli periodi di vacanza, fa sì che ciascuno dei genitori sia libero di scegliere la località di villeggiatura senza doverla concordare con l’altro coniuge. Ciò non toglie che la Valesio aveva il diritto di sapere in quale località il marito aveva portato i figli in vacanza, ma tale diritto discendeva direttamente dall’art. 143 comma 2 c.c. – che stabilisce che dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, allacollaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione – e non dal provvedimento del giudice: trattasi di un diritto (quello alla collaborazione dell’altro coniuge nell’interesse della famiglia) esercitabile in ogni momento della vita familiare e che, con riguardo alla prole, non viene meno a seguito della separazione, essendo indubitabile che ciascuno dei genitori, anche in detta fase del rapporto, debba collaborare con l’altro nell’esclusivo interesse dei figli. Di tale diritto è espressione quello di conoscere il luogo in cui si trovano i figli affidati o temporaneamente seguiti dall’altro genitore (se non altro per poter tempestivamente intervenire in caso di impedimento o difficoltà di quest’ultimo). Nel caso di specie, pertanto, la violazione di tale diritto – che non è ricollegabile, come detto, al decreto di omologa della separazione – non dà luogo al reato di cui all’art. 388 comma 2 c.p., ma nemmeno al reato di cui all’art. 570 c.p. (il quale punisce la condotta di chiunque si sottragga agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà dei genitori o alla qualità di coniuge): poiché l’art. 143 comma 2 c.c., come abbiamo visto, distingue chiaramente gli obblighi di assistenza morale e materiale da quelli di collaborazione nell’interesse della famiglia, deve ritenersi che la violazione di questi ultimi, in applicazione del principio di tassatività del diritto penale, non rientri nella sfera applicativa della norma de qua, potendo avere conseguenze meramente civilistiche nella regolamentazione dei rapporti fra i genitori. In proposito, in relazione a fattispecie simile a quella di cui al presente giudizio (sia pure a parti invertite), la Corte d’Appello di Torino (sent. 26-02-2008, P.S.) ha ritenuto che l’omessa comunicazione del luogo dove il genitore affidatario ha condotto il minore nel periodo di vacanza, impedendo di fatto al genitore non affidatario di esercitare il diritto di visita e permanenza riconosciutogli dal tribunale dei minori, non è da considerarsi «elusione» del provvedimento del giudice (art. 317 bis), punibile ex art. 388 c.p., ma mera violazione di «regole di buona prassi», non penalmente sanzionabile; tale condotta può invece avere conseguenze civilistiche, ben potendo il genitore non affidatario richiedere modifiche del provvedimento del tribunale dei minoriex art. 742 c.p.c. qualora provi che l’iniziativa del genitore affidatario è pregiudizievole per il minore. Nel caso di cui al presente procedimento, pertanto, a fortiori non appare configurabile il reato de quo, atteso che il diritto violato non discende – a differenza del caso di cui alla citata sentenza della corte d’appello piemontese – direttamente dal provvedimento del giudice, ma dalle norme del codice civile che regolano i rapporti tra coniugi. P.Q.M. Rigetta la proposta opposizione, dispone l’archiviazione del procedimento ed ordina la restituzione degli atti al p.m. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di competenza. Rieti, 15.6.2011
Non ha rilievo penale l’omessa comunicazione del luogo di vacanza dei figli
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