Esclusa la revisione dell’assegno di mantenimento se il peggioramento delle condizioni economiche è simulato o strumentale

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(Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza n. 20064/11; depositata il 30 settembre)


Con la sentenza n. 20064, depositata il 30 settembre, la Corte di Cassazione ha affermato che per la revisione dell’assegno di mantenimento dei figli non basta un peggioramento delle condizioni economiche del coniuge obbligato, se questo risulta strumentale o addirittura simulato.
Il caso. Un uomo separato chiedeva al Tribunale la riduzione dell’assegno dovuto alla moglie come contributo per il mantenimento dei due figli minori. La domanda veniva accolta solo nella parte relativa all’inizio di una nuova attività lavorativa della donna, mentre la richiesta di maggior riduzione dell’assegno, dovuta alla dedotta cessazione dell’attività imprenditoriale del ricorrente, veniva rigettata perché, a giudizio del Tribunale, tale cessazione d’azienda era stata predisposta artatamente al fine di pagare meno. La Corte d’appello confermava la decisione e l’uomo proponeva ricorso per cassazione.
Assegno ridotto soltanto con riferimento al nuovo impiego della moglie. La Corte d’appello ha effettuato una complessiva valutazione della situazione di fatto e delle circostanze probatorie emerse e ha disposto una riduzione dell’assegno che il ricorrente è tenuto a versare per il mantenimento dei figli esclusivamente in ragione delle nuove capacità economiche della moglie, seppur minime, in seguito ad un suo nuovo impiego.
Ma il peggioramento delle condizioni economiche del marito è strumentale e non rileva. Al contrario, è stata esclusa un’ulteriore riduzione dell’importo dovuto, in seguito all’asserito peggioramento delle condizioni economiche del marito, in quanto i giudici di merito hanno ravvisato forti elementi indiziari tali da far ritenere simulata la cessione dell’attività: è emerso, infatti, che il ricorrente ha ceduto l’azienda alla nipote, sua segretaria, e si è fatto poi assumere come dipendente.
Secondo la S.C., quindi, il giudizio espresso nella sentenza impugnata appare sorretto da adeguata motivazione e da una valutazione di tutte le circostanze esistenti.
Resta da decidere la decorrenza del nuovo assegno, come determinato in sentenza. L’unica censura che coglie nel segno, in conclusione, è quella relativa alla mancata determinazione del momento da cui deve decorrere la riduzione dell’assegno ivi disposta. Sul punto, la S.C. rinvia la causa alla Corte d’appello che dovrà specificare la decorrenza della rideterminazione dell’assegno.

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