Con la sentenza del 13 giugno 2011, il Tribunale di Milano per la prima volta ha riconosciuto in capo al convivente omosessuale il risarcimento del danno per la perdita del suo compagno a causa di un incidente stradale.
Il ricorso dapprima presentato dalla anziana madre del defunto, è stato successivamente proposto anche dal convivente di quest’ultimo sulla base della provata esistenza di una relazione stabile caratterizzata da una reciproca e continuativa assistenza morale e materiale.
Seppur precisando che la convivenza omosessuale non può in alcun modo essere equiparata alla famiglia fondata sul matrimonio o comunque composta da persone di sesso diverso, il Tribunale di Milano ha preso, sull’argomento, una posizione a dir poco innovativa riconoscendo il risarcimento del danno al convivente more uxorio, seppur dello stesso sesso, che riesca a dimostrare la stabilità e la mutua assistenza all’interno della relazione.
In precedenza già la Corte di Cassazione , III sez penale, con sentenza n.23725/08, ha stabilito che il risarcimento del danno da fatto illecito concretatosi in un evento mortale “va riconosciuto – con riguardo sia al danno morale che patrimoniale che presuppone la prova di uno stabile contributo economico- anche al convivente more uxorio”, sancendo, così, la risarcibilità di un danno “non conseguente ad uno status o ad un particolare sesso ma alla sofferenza derivante dalla privazione della persona con cui si condivideva la vita e la comunanza di intenti e di progetti in una stabile relazione sentimentale e di coabitazione” .
In virtù, dunque, di quanto affermato in detta sentenza e appurato che “ciascuna unione affettiva stabile crei una condizione in cui un individuo scelga di crescere come persona e che la sua interruzione – provocata da un fatto-reato- determini una sofferenza pari a quella che si verificherebbe in una coppia di sesso diverso”, i giudici milanesi hanno dichiarato risarcibile ex artt 185 c.p. e 2059 c.c. il danno rappresentato “ dalla sofferenza e dal patema d’animo” del convivente del defunto “per l’interruzione di vita personale e professionale che i due vivevano insieme”.
Avv. Claudia Depalma.- Responsabile AMI-Sezione Territoriale di Latina