Corte di cassazione – Sezione I civile – Sentenza 1° giugno 2012 n. 8862
In una causa di separazione la pronuncia di addebito e quella di risarcimento del danno possono coesistere, “considerati i presupposti, i caratteri, le finalità radicalmente differenti”. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 8862/2012, accogliendo il ricorso di una moglie contro la sentenza della Corte di appello di Ancona che le aveva negato sia l’assegno (riconosciuto solo alle figlie) che il risarcimento del danno.
Il marito l’aveva lasciata per iniziare una relazione more uxorio con un’altra donna. Secondo la Corte territoriale però non essendo il comportamento dell’uomo “antigiuridico”, la domanda di risarcimento “contrasterebbe con il diritto del coniuge alle proprie scelte personali” e con “il desiderio di libertà e felicità” che, osserva la Corte “pur comportando disgregazione della famiglia, sarebbe sanzionato con l’addebito della separazione, ma non potrebbe configurarsi quale fonte di risarcimento del danno”.
Di diverso avviso la Suprema corte che richiama l’evoluzione giurisprudenziale degli ultimi anni secondo cui la logica ed i metodi della responsabilità civile sono entrati anche nel rapporto tra i coniugi e verso la prole, seguendo una tendenza che si inserisce nel più generale ampliamento dell’area della responsabilità aquiliana.
Secondo la Cassazione dunque il risarcimento non segue solo la commissione di reati (e l’adulterio dopo le note pronunce della Consulta non lo è più), ma anche “la violazione dei diritti fondamentali della persona costituzionalmente garantiti … incidendo su beni essenziali della vita”. In questi casi (che integrano la violazione della privacy, salute, rapporti relazionali) via libera al risarcimento dei danni non patrimoniali.
Secondo il nuovo orientamento “rileva proprio la qualità di coniuge e la violazione di obblighi nascenti dal matrimonio che, da un lato è causa di intollerabilità della convivenza, giustificando la pronuncia di addebito, con gravi conseguenze, com’è noto, anche di natura patrimoniale, dall’altro, si configura come comportamento (doloso o colposo) che, incidendo su beni essenziali della vita, produce un danno ingiusto, con conseguente risarcimento, secondo lo schema generale della responsabilità civile”.
IL SOLE 24 ORE
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