Genova – Il diritto allo studio negato dalla burocrazia. Accade ai giorni nostri, nella civilissima Italia dove un "conflitto" tra genitori separati può condurre ad un danno insopportabile per un minore, quello di non avere il diritto a frequentare una scuola.
Un paradosso tutto italiano che ha origine nell’enorme difficoltà in cui si dibatte la Giustizia, specie quella che dovrebbe tutelare i Minori.
Non parliamo di giudici che non fanno il loro dovere o di mala-giustizia ma di uffici letteralmente abbandonati dalle Istituzioni senza mezzi necessari ad assicurare il rispetto dei diritti elementari delle persone.
Accade che un ragazzo "conteso" tra madre e padre che vivono separati ed ormai lontani, non possa iscriversi a scuola perchè per farlo occorre un nulla osta. Un documento che non si può avere se il padre blocca quello della madre e questa quella dell’ex congiunto.
A decidere è, ovviamente, un giudice, ma che succede se il Tribunale è fisicamente impossibilitato ad emettere una sentenza prima di diversi mesi? Chi o cosa tutela il diritto all’Istruzione del ragazzo?
Non si parla di casi "astratti" ma di decine e decine di famiglie alle prese con i paradossi della legge italiana, attentissima a parole ma molto meno con i fatti.
Stando alla legge il minore dovrà attendere che, a pronunciarsi, sia il Tribunale dei Minori che, però, fatica a tenere dietro alle decine di casi di cui viene investito, sommerso da carte e documenti e sempre alle prese con tagli del personale, carenza di risorse e nessuno spiraglio di una concreta "rivoluzione".
Il cittadino comune sarebbe portato a pensare che la Legge preveda una risposta "celere" laddove si presentino situazioni di emergenza come questa.
La dura realtà è che per "emergenza" si valutano casi in cui la sicurezza del minore può essere compromessa o per violenze o per malattie o per concreto pericolo per l’incolumità.
In casi come questi, grazie alla buona volontà di persone malpagate e con scarsi mezzi, si arriva a interventi anche in poche ore, al massimo in qualche giorno.
Ma tutto il resto, tutto ciò che non coinvolge la "incolumità" del minore, segue un iter che avrebbe bisogno di almeno il doppio dei magistrati, il doppio dei funzionari, il doppio degli impiegati. Impossibile in tempi di crisi e "spending review" come questi.
E così i cittadini sono costretti a subire situazioni al limite del sopportabile. Perchè è facilmente comprensibile cosa possono provare due genitori, seppur in guerra tra loro, nel costatare che la Giustizia nega il diritto allo studio del proprio figliolo.
Ed è facile solo per chi non vive le situazioni di fatto, pensare che "uno dei due dovrebbe rinunciare per il bene del figlio o della figlia".
Nella "battaglia legale" una rinuncia di questo genere può comportare la sconfitta totale. La complessità della norma spinge ad arroccarsi su posizioni che la ragione sembra risolvere in pochi minuti.
Così come "ragionevole" potrebbe sembrare la possibilità, da parte del Preside dell’Istituto scolastico, di procedere ad una iscrizione temporanea del minore, magari in attesa di un pronunciamento del giudice e nella scuola scelta dal diretto interessato o nel comune dove vive il ragazzo.
Nulla di tutto questo se il timore di rappresaglie legali – unita ad una buona dose di pilatesco modus vivendi – blocca le decisioni di chi potrebbe prenderle.
Resta l’amarezza per i due genitori che dovranno attendere forse mesi per avere una risposta, qualunque essa sia, al caso. Resta la vergogna per un Paese che non riesce nemmeno più a tutelare i diritti dei più deboli, in questo caso il minore che non potrà andare a scuola.
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Caso concreto: i genitori iscrivono insieme e consensualmente il proprio figlio a scuola a gennaio con la tacita convinzione che,come accadeva nei quattro anni precedenti,la madre avrebbe accompagnato il figlio ed il padre lo avrebbe ripreso all’uscita da scuola. A tre giorni dall’avvio dell’anno scolastico quest’ultimo comunica che non sarà così: non lo andrà a prendere,ma a titolo di cortesia solo per i primi giorni di scuola e max fino al 30 settembre ,ci penseranno i nonni.Poi.
…non e’ un suo problema.Ci pensasse la mamma,che pero’ non può per ragioni di lavoro. Allora la mamma in extremis e per un caso fortuito trova una scuola privata che accetti il figlio ,vicino al suo lavoro e lo iscrive. Cosa fa’ il padre la diffida dal condurvelo e la fa convocare dal preside della prima scuola! Cosa ne pensa,Avv? E’legittimata la madre in un caso di estrema urgenza a operare una scelta da sola? Deve presentare un’istanza in Tribunale ?
Egregi colleghi, trovo che far perdere un anno scolastico ad un figlio per una questione legata allla conflittualità coniugale, abbia dello scandaloso se, non addirittura, dell’illecito. E’ obbligo del dirigente scolastico dare il nulla osta al trasferimento di scuola del minore perchè è obbligo garantirgli la continuità scolastica. Molti dirigenti scolastici negano il rilascio del nulla osta perchè temono la cd. evasione scolastica. E’ sufficiente che il genitore collocatario del figlio che abbia cambiato residenza faccia mettere in contatto i dirigenti scolastici della scuola entrante e di quella uscente, anche a mezzo fax o via e-mail, per ottenere il nulla osta che garantisce la continuità scolastica al minore. POi, in sede giudiziale qundo sarà stabilita in modo definitiva la nuova residenza del minore, i genitori valuteranno quale sia la sede scolastica più idonea per la prosecuzione degli studi. Il diritto costituzionalmente garantito allo studio non può essere superato in alcun modo!!!!!
Buonasera. Sto vivendo una situazione per certi aspetti simile. Separata con sei figli, il mio quintogenito allocato provvisoriamente dal padre che lo ha iscritto in quel periodo ad un tecnico, dopo un mese di frequenza non vuole più andare in quella scuola. Dopo aver parlato col ragazzo cerco intanto di cambiare indirizzo nello stesso istituto e chiedo ad altre 7 scuole superiori se c’è un posto. Risposta negativa. Per evitare l’abbandono scolastico mi rivolgo ad una scuola paritaria che si dichiara disponibile. Chiedo il nulla osta e lo iscrivo lì anche perché il padre da subito si è dichiarato favorevole al cambio. Solo che qui c’è una retta da pagare e lui allora minaccia di adire a vie legali la prima scuola. Intanto il suo avvocato scrive al mio che darà il consenso solo se io pagherò. Non intendo cedere al ricatto ma il mio avvocato mi dice che pur facendo istanza al giudice difficilmente riuscirò ad ottenere autorizzazione per una scuola privata pur non avendo trovato posto altrove. L’alternativa è lasciarlo a casa fino alla fine dell’anno..deve prendersi la responsabilità di una scelta sbagliata. Non esiste la continuità scolastica né il maggior interesse del minore anche se non c’è posto. Giudicate Voi