Se il coniuge frequenta apertamente e con assiduità “un’amica” può essergli addebitata la separazione, anche senza che vi sia stato un vero e proprio adulterio.
Il dovere di fedeltà viene inteso, quindi, non più solo come obbligo reciproco dei coniugi di astenersi dall’intrattenere relazioni e/o rapporti sessuali con terzi ma in un’accezione più ampia di lealtà e dedizione vicendevole, ricomprendente la tutela e il rispetto della sensibilità e della dignità della persona dell’altro coniuge. Da ciò ne deriva, come conseguenza, l’ incompatibilità con quei comportamenti che possono ingenerare la diffusa convinzione dell’avvenuta violazione della fedeltà.
Non è, dunque, necessario il tradimento fisico per incrinare il matrimonio: la costante presenza nella vita del marito di un’altra donna, seppur a titolo di amicizia, quando ciò influisca negativamente sulla vita matrimoniale fino a comportarne il definitivo deterioramento, è di per sé sufficiente per attribuire al coniuge “accompagnatore” la responsabilità di una separazione.
Lo ha deciso la Cassazione affermando la colpevolezza di un marito, giudicato responsabile della fine del suo matrimonio, e confermandone l’addebito emerso in sede di merito per aver imposto, nel menage familiare, la presenza invadente e costante di un’amica “particolare”.
Nel caso di specie, infatti, un marito fedifrago ha cercato invano di esimersi dall’impunità, appellandosi ad un “adulterio apparente” ovvero ad un comportamento che solo astrattamente possa apparire lesivo del dovere di fedeltà, parlando di semplice “frequentazione” con un’amica . Di diverso avviso la Cassazione che, con sentenza n. 17195/12, depositata il 9 ottobre, ha sottolineato che, in realtà, l’uomo, regolarmente sposato con figli, “frequentava assiduamente la casa dell’amante, la accompagnava al posto di lavoro, con lei dovevano essere discussi i problemi interni familiari e la donna era presente in casa per le feste di Natale, altrimenti l’uomo non vi partecipava”.
Inoltre, i giudici di Piazza Cavour hanno rilevato un "nesso di causalità’" tra questa frequentazione e il "mutamento in senso negativo" del comportamento dell’uomo nei confronti della consorte, che lui invece adduceva alla "preoccupazione per il suo lavoro" e per "alcune operazioni bancarie effettuate dalla moglie".
Di fronte, poi, alla richiesta di quest’ultima di dare un taglio netto a quest’amicizia particolare, l’uomo aveva apparentemente accondisceso, continuando però a frequentare di nascosto la donna “sotto la cui abitazione era spesso parcheggiata la sua macchina”. Ormai l’uomo, dinanzi a familiari, amici e conoscenti, era divenuto l’“accompagnatore e paladino” della sedicente amica, ruolo che “mal si conciliava – conclude la Cassazione – con un generico rapporto di amicizia, per la cui salvezza” l’uomo “non ha esitato a mettere in discussione la sopravvivenza stessa della famiglia”. Gli ermellini, quindi, a prescindere dal compimento o meno di un atto sessuale extra coniugale, hanno ritenuto la condotta del marito lesiva dei doveri coniugali e tale da addebitargli la colpa della separazione dalla moglie: il coniuge, infatti, persistendo nel suo modus operandi, ha compromesso l’onore e la dignità della moglie, determinando il fallimento del sodalizio coniugale.
Avv. Laura Fasulo
Tesoriere A.M.I. Salerno
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con quali mezzi il coniuge tradito può difendersi da una relazione clandestina e trovarne le prove?