Chi caccia di casa il proprio coniuge, anche a relazione finita, commette reato.
Lo ha stabilito la Quinta sezione penale della Cassazione, confermando la condanna inflitta dalla Corte d’appello di Palermo a un 51enne, ritenuto responsabile di violenza privata, lesioni personali, danneggiamento e ingiuria ai danni della moglie. Il reato di violenza privata gli è stato contestato proprio per aver mandato via di casa la donna.
La linea difensiva dell’imputato puntava a evidenziare una situazione di fatto: la consorte non era stata cacciata, ma era tornata a vivere dai suoi genitori, per cui la casa familiare era “in uso” soltanto al 51enne, pur non essendovi “provvedimenti di assegnazione” dell’abitazione stabiliti dal giudice.
La Suprema Corte però ha deciso di rigettare il ricorso dell’imputato sottolineando che “la donna, anche se temporaneamente trasferitasi presso i genitori, aveva il diritto di tornare, né il marito poteva escluderla dalla casa coniugale”.
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