Il Governo ha presentato un rapporto su “bambine e bambini temporaneamente fuori dalla famiglia d’origine”, promosso dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e realizzato dall’Istituto degli Innocenti di Firenze.
I dati, aggiornati al 31 dicembre 2010, raccontano di 29.309 minori ospitati in comunità-alloggio o affidati temporaneamente a famiglie: si tratta di poco meno di 3 bambini e ragazzi di 0-17 anni ogni 1.000 coetanei. Rispetto ai dati rilevati nel 1998/99 il fenomeno è cresciuto del 24%, visto che a quella data i bambini interessati erano 23.636, ma lo stesso rapporto precisa che l’incremento delle accoglienze è dovuto all’aumento significativo del ricorso all’affidamento familiare. ”Ciò ha portato nel tempo – si legge – a un sostanziale allineamento tra i numeri degli accolti nelle strutture residenziali (14.781 minorenni) e nelle famiglie affidatarie (14.528)”.
Considerando lo stesso decennio, la presenza straniera sul totale dei bambini e dei ragazzi collocati al di fuori dalla propria famiglia è cresciuta notevolmente, passando da poco meno del 10% al 22%. Tra gli accolti, “la quota dei minori stranieri non accompagnati rappresenta poco meno del 22% del totale degli stranieri, ovvero circa il 4% del totale dei ‘fuori famiglia’: questo particolare gruppo di stranieri, quasi tutti adolescenti, è accolto prevalentemente (88%) in strutture residenziali”.
Seguono le “motivazioni alla base dell’accoglienza”, ossia i motivi che hanno condotto i Tribunali dei minorenni, affiancati dai servizi sociali, a disporre l’allontanamento di un bambino dalla sua famiglia di origine: il 37% sarebbe risultato vittima di inadeguatezza genitoriale; il 9% di problemi di dipendenza di uno o entrambi i genitori; l’8% di problemi di relazioni nella famiglia; il 7% di maltrattamenti e incuria; il 6% di problemi sanitari di uno o entrambi i genitori.
Trovarsi fuori dalla propria famiglia, aggiunge il rapporto, “non implica necessariamente la recisione dei rapporti e dei contatti tra figli e genitori. Vi sono situazioni specifiche in cui la destinazione dei bambini deve rimanere non conosciuta ai loro genitori; negli altri casi l’accoglienza non può accompagnarsi alla scomparsa della famiglia di origine. Sia per i bambini in affidamento che per quelli presenti nelle comunità, emerge una trama abbastanza sostenuta di contatti e di visite tra genitori e figli: il 74% dei bambini in comunità incontra periodicamente uno dei genitori (soprattutto la madre) tutte o quasi tutte le settimane; il 42% rientra a casa propria il fine settimana oppure secondo altre modalità concordate. Contatti e relazioni che interessano, anche se in misura minore, i bambini in affidamento familiare; in questo caso è il 60% dei bambini che incontra almeno uno dei genitori tutte o quasi tutte le settimane”.
Per quanto riguarda i periodi di permanenza degli ‘accolti’, “presentano una differenziazione notevole”: accanto a bambini e ragazzi che sono in accoglienza da pochi giorni, altri lo sono da anni”. Tra i presenti al 31 dicembre 2010, “la quota di quanti sono stati accolti negli ultimi tre mesi è del 9%, da 3 mesi a 12 mesi esatti è del 24%, da 12 mesi a 24 mesi esatti è del 19%, da 24 mesi a 48 mesi esatti è del 22%, mentre sono il 26% quanti sono accolti da oltre 48 mesi.
I dimessi nel 2010 sono stimati in poco più di 10.000 bambini e ragazzi. Le motivazioni della conclusione dell’accoglienza sono prevalentemente due: il rientro nella famiglia di origine (34%) e il passaggio a un’altra accoglienza (34%). Mentre il 7% dei bambini intraprende il percorso in una nuova famiglia adottiva attraverso il collocamento in affidamento preadottivo, a fronte di un 8% che raggiunge la vita autonoma. Il restante 17% è interessato “da situazioni diversificate”.
Non sempre i giovani che raggiungono la maggiore età vengono dimessi, puntualizza il rapporto: i neomaggiorenni tra i 18 e i 21 anni che rimangono nelle strutture sono 2.844 e nel 36% dei casi si tratta di ragazzi stranieri.
La maggior parte degli accolti (86%), infine, “ha un progetto educativo individualizzato che delinea i principali aspetti degli interventi di protezione e tutela. Nel caso dei bambini in affidamento, si è in grado di sapere anche che nel 74% dei casi il servizio sociale pubblico ha messo in campo specifiche attività di sostegno ai genitori”.
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