Solo la prova del rifiuto categorico da parte dei minori a frequentare la scuola salva i genitori dalla condanna per non aver adempiuto agli obblighi educativi. La Cassazione stringe le maglie della responsabilità del padre e della madre dei minori nell’abbandono scolastico.
La Suprema corte annulla la decisione del giudice di pace che aveva assolto, per non aver commesso il fatto, due genitori immigrati i cui figli minorenni avevano disertato le lezioni. Il giudice di prima istanza aveva basato la sua clemenza su una comunicazione del direttore didattico dal quale risultava che i ragazzi non erano andati a scuola, nonostante l’impegno dei genitori.
Una conclusione troppo affrettata, secondo il pubblico ministero, che si è rivolto alla Cassazione per far annullare il verdetto favorevole alla coppia: cosa che la Cassazione puntualmente fa. Il collegio di piazza Cavour ricorda che la responsabilità della famiglia può essere esclusa solo quando emergono elementi che rendano chiaramente inattuabile l’obbligo imposto dalla legge. Tra questi c’è «il rifiuto volontario categorico e assoluto del minore non superabile con l’intervento dei genitori e dei servizi sociali». Sono una scriminante anche: la mancanza assoluta di scuole e di insegnanti; lo stato di salute dell’alunno e, per finire, la distanza disagiata tra la scuola e l’abitazione se mancano i mezzi di trasporto e le condizioni economiche non consentono l’utilizzo di mezzi privati.
Nel caso specifico il giudice di pace si era limitato genericamente a far riferimento, senza esaminare gli atti processuali, alla comunicazione del dirigente dell’istituto, che aveva tra l’altro mandato anche molte comunicazioni con le quali esortava il padre e la madre dei minori a far rispettare ai figli l’obbligo scolastico. La Cassazione rinvia dunque allo stesso giudice, invitandolo, questa volta, a specificare da quali elementi aveva tratto la prova del rifiuto categorico dei ragazzi e quale era stato l’effettivo impegno dei genitori per superare le presunte resistenze.
Il Sole 24 Ore
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Sono assolutamente d’accordo. Si nota ancora una volta la superfifialità di taluni giudici .