A distanza di alcuni giorni dalla condanna UE del nostro Paese ritenuto responsabile di aver violato l’art. 8 CEDU, che sancisce il rispetto della vita privata e familiare, per non aver saputo vigilare e garantire, attraverso i suoi organi giurisdizionali, e nella specie il Tribunale per i minori, l’effettiva esecuzione dei provvedimenti emessi in materia di affidamento dei figli, di fatto disattesi e dunque gravemente pregiudizievoli, nello specifico, dei diritti di un padre separato (sentenza Lombardo, 29 gennaio 2013 Corte di Strasburgo); la Corte europea dei diritti umani, ancora una volta invocando a fondamento della sua decisione l’art. 8 CEDU, a conferma di quanto pronunciato il 28 agosto scorso sulla causa Costa-Pavan (il governo italiano si oppose appunto), insiste oggi nella bocciatura della legge n.40/2004 in materia di procreazione assistita, definendo il nostro sistema legislativo “incoerente” e lesivo del fondamentale diritto alla vita privata e familiare, in quanto, da una parte ammette l’interruzione di gravidanza in caso di feto malformato o comunque affetto da gravi patologie (legge sull’aborto n.194/1978), mentre dall’altra e paradossalmente vieta – in sede di procreazione artificiale assistita – ogni accertamento medico preventivo necessario ad evitarla.
Con tale decisione, divenuta immediatamente esecutiva, la Corte ha di fatto aperto le porte nel nostro paese alla procreazione medicalmente assistita tout court, anche per le coppie fertili, non solo dunque sterili o portatrici di gravi patologie virali, nonché alla diagnosi preimpianto per le coppie affette o portatrici sane di malattie genetiche.
Il legislatore dovrà pertanto procedere ad una immediata modifica della normativa vigente in linea con la decisione imposta dalla Corte dei diritti umani.
Avvocato Maria Rosaria Basilone