E ciò, nonostante i coniugi abbiano trovato un lavoro e acquistato una casa.
A deciderlo è la Cassazione con la sentenza n. 3511 del 13 febbraio 2013, che ha respinto il ricorso della coppia contro la conferma dello stato di adottabilità dei due figli della Corte d’appello.
I giudici di merito hanno ritenuto irrilevante la circostanza che i due avessero trovato una stabilità lavorativa ed economica, giacchè ad essa non si era accompagnato un percorso terapeutico personale e di
coppia per una rivisitazione critica dei danni causati ai figli durante la convivenza.
I minori infatti, ospiti di una comunità avevano manifestato un disagio, anche grave, e bisogni affettivi: tali aspetti erano stati colti dagli assistenti sociali, i quali avevano portato la loro testimonianza nel processo.
I piccoli era apparsi «sofferenti, coartati, memori dei castighi paterni e bisognosi di attenzioni. Essi avevano tratto giovamento dall’inserimento in ambiente comunitario perché hanno potuto sperimentare, per la prima volta, un ambiente sicuro e competente dal punto di vista educativo, segno che le loro difficoltà andavano ricollegate alle negative esperienze fatte in famiglia».
Quindi, a giudicare da quanto riferito dagli assistenti sociali, i traumi subìti in famiglia erano molto gravi e a causa dei comportamenti dei genitori, consistenti anche in punizioni mortificanti ed episodi di violenza sia verbale che fisica, avevano pregiudicato la serenità dei bambini.
Perciò, in assenza di un percorso rieducativo dei genitori, gli ermellini hanno confermato per i minori lo stato di adottabilità.
Tratto da diritto.it