Con la sentenza n. 12764 depositata ieri, 23 maggio 2013, la Corte di cassazione ha respinto il ricorso di una 63enne contro la decisione della Corte d’appello di Venezia che, in riforma della pronuncia di primo grado, le aveva revocato l’assegno di mantenimento in suo favore, fissato in sede di separazione in 2.500 euro mensili. Riteneva, infatti, il giudice di merito che la donna non avesse diritto all’assegno di mantenimento in quanto dalle emergenze processuali risultava titolare di un cospicuo patrimonio che le consentiva di mantenere lo stesso «alto» tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
La sesta sezione civile della Cassazione, investita del ricorso avverso.
la detta sentenza della Corte di merito, ha ritenuto che questa ha compiutamente e coerentemente ricostruito, sulla base delle emergenze probatorie in atti, il tenore di vita tenuto dai coniugi in costanza di convivenza, ritenendo, alla luce delle condizioni economiche patrimoniali della ricorrente, che queste fossero del tutto adeguate a consentire il livello di benessere già caratterizzante la convivenza coniugale, con conseguente irrilevanza dell’accertamento giudiziale concernente la consistenza economico patrimoniale dell’altro coniuge.
La decisione di revocare il mantenimento disposto in favore della ricorrente in sede di separazione si pone, secondo gli Ermellini, perfettamente in linea con la specifica funzione che l’art. 156 c.c. attribuisce all’assegno di mantenimento in favore del coniuge beneficiario, che è quella di garantire un tenore di vita pari od almeno simile a quello goduto in costanza di matrimonio. In detta prospettiva il giudice di merito deve innanzitutto accertare il tenore di vita dei coniugi durante il matrimonio, poi verificare se i mezzi economici a disposizione del coniuge gli consentano di conservarlo indipendentemente dalla percezione dell’assegno e, in caso negativo, deve procedere alla valutazione comparativa dei mezzi economici a disposizione di ciascun coniuge al momento della separazione. In questo senso il diritto alla corresponsione dell’assegno rinviene il proprio fondamento giustificativo nell’esigenza di cercare un riequilibrio delle condizioni patrimoniali delle parti, di modo che entrambi i coniugi possano mantenere lo stesso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
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