In Campania ci si separa di più rispetto al passato. Secondo lo studio Istat «Separazioni e divorzi in Italia» le unioni legali in Italia sono sempre più fragili e instabili. In Campania due matrimoni su dieci finiscono male. I tassi di separazione e di divorzio in rapporto al numero di matrimoni segnano un trend in ascesa che ormai si registra da 15 anni.
Basti pensare che si passa addirittura dal 7% ad oltre il 20% dal 1995 al 2011. L’interruzione dell’unione coniugale riguarda sempre di più anche i matrimoni di lunga durata e le coppie miste. In genere ci si separa consensualmente e se ci sono figli si opta per l’affido condiviso. Nel 2011 le separazioni in Italia sono state 88.797 e i divorzi 53.806, rispettivamente +0,7% per le separazioni e -0,7% per i divorzi rispetto all’anno precedente. Rispetto al 1995 le separazioni sono aumentate di oltre il 68% e i divorzi sono praticamente raddoppiati. Gli incrementi più consistenti si sono osservati nel Mezzogiorno, in particolare proprio in Campania: si passa infatti da 70,1 a 221,5 separazioni per mille matrimoni. Questo vuol dire che nei 15 anni presi in considerazione dall’Istat (dal 1995 al 2011) le rotture delle unioni coniugali nella regione sono passate dal 7% ad oltre il 20%. Un dato preoccupante, se si considera che in un solo anno, dal 2010 al 2011, la Campania ha proseguito la sua ascesa negativa: si è passati da 216,5 separazioni a 221,5. Ci si separa invece meno in Basilicata e in Calabria (rispettivamente 157 e 178,5 su mille matrimoni).
Al nord invece la maglia nera: in Valle d’Aosta addirittura 437,5 separazioni su 1000 matrimoni, quasi uno su due; tra le regioni più colpite ci sono poi Liguria (416,5), Emilia Romagna (401,1) e Lazio (413,7).
Questi incrementi continui, in un contesto in cui i matrimoni diminuiscono, secondo l’Istat, sono imputabili a un effettivo aumento della propensione alla rottura dell’unione coniugale: se nel 1995 per ogni 1.000 matrimoni si contavano 158 separazioni e 80 divorzi, nel 2011 si arriva a 311 separazioni e 182 divorzi. La durata media del matrimonio è di 15 anni per le separazioni e 18 anni per i divorzi. La decisione di lasciarsi riguarda sempre di più anche i matrimoni di lunga durata: rispetto al 1995 le separazioni decise dal venticinquesimo anno di matrimonio in poi sono cresciute di due volte e mezzo, mentre quelle al di sotto dei cinque anni sono aumentate molto meno. Aumenta dunque la quota delle separazioni riferite ai matrimoni di lunga durata (dall’11,3% del 1995 al 18,7% del 2011) e scende, in termini relativi, la quota di unioni interrotte precocemente, cioè entro i 5 anni di matrimonio (dal 24,4% del 1995 al 15,9% del 2011).
Unico dato positivo riguarda dunque le coppie «novelle» che risultano separarsi di meno. In genere per dirsi addio si sceglie la formula consensuale: nel 2011 si sono concluse in questo modo l’84,8% delle separazioni e il 69,4% dei divorzi. La quota di separazioni giudiziali (15,2% il dato medio nazionale) è più alta nel Mezzogiorno (19,9%) e nel caso in cui entrambi i coniugi abbiano un basso livello di istruzione (21,5%). Il 72% delle separazioni e il 62,7% dei divorzi hanno riguardato coppie con figli avuti durante il matrimonio. Il 90,3% delle separazioni di questo tipo ha previsto l’affido condiviso dei figli. Nel 19,1% delle separazioni è previsto un assegno mensile per il coniuge, nel 98% dei casi corrisposto dal marito: la quota è più alta al Sud e nelle Isole (24% e 22,1%), mentre nel Nord si attesta al 16%. Gli importi dell’assegno mensile sono, al contrario, mediamente più elevati al Nord (562,4 euro) che nel resto del Paese (514,7 euro al Sud, Campania compresa, e al Centro).
Il Mattino