Calano i divorzi. Sempre meno italiani si separano. Ma non è l’amore a trionfare, bensì la crisi economica. Lo rivela un’inchiesta de “l’Espresso” in edicola che analizza i dati sulle coppie che si lasciano, passate da quasi 160 mila fra il 2010 e il 2011 a meno di 150 mila nell’anno successivo.
Nel dettaglio il trend di calo comincia tre anni fa, quando la recessione si fa via via più pesante, aumentano precariato e disoccupazione, crolla il potere d’acquisto delle famiglie italiane.
I dati sulle separazioni in tribunale parlano chiaro. In tre anni sono scese da 104.502 a 98.370: questo dicono gli ultimi dati disponibili presso il ministero della Giustizia, relativi alle separazioni consensuali e giudiziali registrate da luglio 2011 a giugno 2012. Rispetto al 2009-2010, le separazioni giudiziali, che pongono fine con sentenza al contenzioso della coppia, scendono dell’8,9 per cento, mentre quelle consensuali, nelle quali il giudice ratifica un accordo degli ex, calano del 4,3 per cento.
Dati che, in tempi di boom economico avrebbero fatto gridare al trionfo dell’amore coniugale, ma calati nella crisi italiana mostrano invece come lasciarsi sia diventato un lusso che sempre meno famiglie possono permettersi. E così “l’Espresso” racconta le storie di questi italiani. Le scelte low cost per evitare il tracollo dei bilanci, pur scegliendo la strada di mettere fine al matrimonio e alla convivenza. Padri che per pagare gli alimenti, senza poter godere di redditi sufficienti, si mettono a disposizione delle ex mogli per fare i baby sitter dei figli ancora piccoli. Una tendenza molto netta, amplificata dal fatto che il ministero censisce tutti i procedimenti di separazione, anche quelli che si concludono con una conciliazione, un ripensamento o un cambio di rito.
Invece l’Istat, che di questi ultimi dati non tiene conto, registrava comunque nel 2011 una sostanziale stasi delle separazioni e un leggero calo dei divorzi dovuto probabilmente al rinvio dell’atto finale della procedura, di solito molto atteso ma anche molto costoso. Oltre a queste statistiche, ci sono i tanti indizi provenienti dai singoli tribunali, dagli avvocati, dagli operatori della mediazione familiare.
E così l’inchiesta porta la testimonianza di Daniela Giannone, giudice di famiglia presso la Corte d’Appello di Torino. Ormai da tempo, racconta, alle separazioni accedono tutti, anche quelli con redditi molto bassi – sotto la soglia dei 10.600 euro c’è il gratuito patrocinio. «L’essere poveri non è in sé una remora alla separazione, soprattutto da quando le donne lavorano di più e hanno indipendenza economica. Ma da due, tre anni abbiamo grandi difficoltà a determinare gli assegni per i figli e aumentano le richieste di ridurli». Poi c’è il vaso di Pandora dei lavori atipici, quelli in cui non si sa quanto e se si guadagnerà qualcosa da un anno all’altro. Una condizione che riguarda la quasi totalità delle giovani coppie: per le quali si è detto che è difficile sposarsi, ma separarsi diventa un vero e proprio puzzle.
poveri papà separati, continuano a strizzarli come spugne e toglierli tutti i diritti umani e civili, è una VERGOGNA! non durerà ancora mlto..
Quando capita poi, raramente il contrario, allora alle donne, non viene applicata nella stessa maniera a cui sono sottoposti i padri, sia nel civile, che nel penale, perchè? Ma la legge è uguale per tutti? In questi casi non vale neanche la parità della donna all’uomo?. Gradirei, veramente un gentile risposta. Grazie.