E’ quanto stabilito dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 23236/2013 depositata in data 14 ottobre.
Il caso concreto si riferisce ad una separazione particolarmente conflittuale in cui i due coniugi, a seguito della frattura matrimoniale, hanno avuto un atteggiamento volto a screditare reciprocamente la figura dell’altro genitore agli occhi dei figli.
Tale atteggiamento, essendo reciproco, non può essere posto alla base di una pronuncia di addebito nei confronti dell’uno o dell’altro.
Proprio sulla richiesta di addebito, però, si pronuncia la Cassazione, confermando le statuizioni economiche.
La Suprema Corte, infatti, dopo aver sottolineato che “l’atteggiamento squalificante dell’altro genitore agli occhi dei figli viene ascritto ad entrambi i coniugi”, ritiene comunque sussistenti i presupposti per addebitare la separazione de quo al marito.
Alla base della decisione è posto sia un comportamento violento e aggressivo nei confronti della coniuge e dei figli stessi, sia la comprovata relazione extraconiugale coltivata dall’uomo per dieci anni prima della separazione.
Ebbene, secondo la riferita sentenza, l’intolleranza della prosecuzione della convivenza è stata determinata proprio dalla relazione extraconiugale del marito e dal di lui comportamento violento e aggressivo.
Come è noto, infatti, il presupposto per la dichiarazione di addebito consiste nel comportamento, posto in essere da un coniuge in costanza di matrimonio, contrario ai doveri che derivano dal matrimonio ( dovere di fedeltà, assistenza morale e materiale, collaborazione e contribuzione nell’ interesse della famiglia).
Nel caso di specie i comportamenti dell’uomo, posti in essere durante la convivenza matrimoniale, sono stati valutati contrari ai doveri derivanti dal matrimonio e causa del venir meno dell’ affectio coniugalis.
Avv. Marianna Grimaldi
Segretario AMI Salerno
quindi cornuta per 10 anni dà a lui l’addebito, picchiata no.
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