Il Tribunale di Milano, con ordinanza del 18 febbraio 2014, ha accolto la domanda possessoria presentata da una donna, in nome proprio e della figlia minore, che era stata estromessa dalla casa familiare, di esclusiva proprietà del compagno.
In particolare, il giudice di merito ha preso in esame il caso di una donna che, al rientro dalle vacanze estive insieme alla figlioletta, è stata cacciata via, in modo violento, dalla casa familiare e privata delle chiavi per rientrarvi.
A seguito di ciò, la donna si è rivolta al Tribunale di Milano per ottenere la reintegrazione nel possesso dell’immobile per se e per la figlia minore.
L’art. 1168 c.c. consente a chi è stato violentemente od occultamente spogliato del possesso, di chiedere, entro l’anno dal sofferto spoglio, contro l’autore di esso, la reintegrazione del possesso medesimo. L’azione è concessa, altresì, a chi ha la detenzione della cosa, tranne il caso che l’abbia per ragioni di servizio o di ospitalità.
Il Giudice, richiamando l’orientamento della Cassazione (sent. n. 7214/2013), ha affermato che la convivenza more uxorio, dando vita ad un autentico consorzio familiare, determina un potere di fatto sulla casa di abitazione, basato su un interesse proprio ben diverso da quello derivante da mere ragioni di ospitalità.
L’abitazione nella casa familiare, pertanto, assume i connotati tipici di una detenzione qualificata, che ha titolo in un negozio giuridico di tipo familiare.
Nel caso di specie, la ricorrente ha dimostrato la stabilità della convivenza nell’immobile oggetto del giudizio – convivenza durata ben dieci anni – oltre ad aver dimostrato che, nel predetto immobile, si è svolta l’ intera vita della famiglia di fatto.
Secondo il giudice di merito, pertanto, la ricorrente ha provato la propria qualità di detentore qualificato dell’immobile.
Inoltre l’ordinanza ha evidenziato come il comportamento tenuto dal resistente ha integrato uno spoglio violento per le modalità con cui è avvenuto, in quanto la privazione delle chiavi della porta di abitazione del bene effettuata ai danni della ricorrente ha impedito alla stessa di esercitare la detenzione del bene stesso.
Pertanto, proprio in quanto detentore qualificata dell’immobile, la resistente
non poteva essere allontanata improvvisamente dall’abitazione dal proprietario dell’immobile, ma aveva il diritto di vedersi attribuito un congruo termine al fine di trovare un’altra sistemazione abitativa, non essendo consentito comunque neanche al proprietario del bene il ricorso a forme di autotutela, quale l’estromissione violenta del convivente dall’abitazione.
Le azioni a tutela del possesso, infatti, sono finalizzate proprio ad impedire che le persone, pur potendo ricorrere al giudice per l’affermazione di un proprio diritto, ricorrano all’autotutela.
Il ricorso della donna è stato, quindi, accolto e il Tribunale ha ordinato la reintegrazione nella detenzione dell’appartamento.
Avv. Marianna Grimaldi
Segretario AMI Salerno
Giusto, stante i fatti e le modalità, ma alla fine e dopo aver ricorso ad ulteriori vie legali, cosa succederà? Si spoglia il proprietario o questi, dopo un congruo preavviso riprende la piena proprietà della propria casa?