La Corte di Appello di Catanzaro, con un recentissimo decreto del 18 dicembre 2015 ha confermato il decreto emesso dalla Prima sezione civile del Tribunale di Cosenza lo scorso 23 luglio 2015, che con una ampia motivazione, aveva disposto l’affidamento esclusivo dei figli minori al padre , facendo perdere l’affidamento condiviso alla madre, responsabile di aver distrutto la figura paterna agli occhi della prole.
Nel caso in esame il Collegio giudicante aveva rilevato che se è vero che ai sensi dell’art. 337 ter c.c. il legislatore ha inteso privilegiare , in caso di crisi e separazione della coppia genitoriale, il regime dell’affido condiviso dei figli minori ad entrambi i genitori, in quanto la prole ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale, comunque, onde tutelare in maniera concreta l’interesse morale e materiale dei minori, ex art.337 quater c.c. il giudicante può disporne l’affidamento esclusivo ad uno dei due genitori.
E il Tribunale motivava in maniera scrupolosa ed analitica le ragioni che lo avevano condotto a decidere sull’ affidamento esclusivo , evidenziando, in particolare, tra le risultanze istruttorie, la relazione inerente la consulenza tecnica psicologica disposta d’ufficio e l’ascolto diretto dei minori da parte del Giudice all’uopo delegato, che avevano fatto emergere come “l’esistenza di una situazione di inidoneità genitoriale della madre che risultava aver manipolato i due minori allontanandoli fisicamente e psicologicamente dal padre , mediante un
” condizionamento programmato “ dei figli teso a logorare la figura paterna nonché i rapporti con i parenti del ramo genitoriale paterno, aveva provocato la “sussistenza di un vero e proprio disturbo relazionale avente le caratteristiche dell’alienazione parentale” .
Era stata infatti provata , nel caso di specie “ una ingiustificata campagna di denigrazione dei minori contro il padre”, che aveva addirittura condotto ad una denuncia di presunti abusi , il cui relativo procedimento penale era stato archiviato in quanto le accuse di molestie sessuali, all’esito delle indagini, erano state ritenute del tutto false, inverosimili , sganciate dalla realtà e prive di qualsivoglia riscontro oggettivo.
Pertanto veniva disposto l’affido esclusivo dei minori al padre, con esclusione della madre dalla partecipazione alle decisioni di maggior interesse per la prole; i minori per un periodo di sei mesi venivano collocati temporaneamente in un centro di accoglienza e, successivamente , presso l’abitazione del padre, con diritto della madre di poterli vedere alla presenza degli assistenti sociali per due pomeriggi a settimana.
La madre proponeva reclamo alla Corte di Appello di Catanzaro avverso il decreto del Tribunale di Cosenza.
La Corte di Appello con un decreto motivato in maniera esaustiva ha confermato il provvedimento impugnato.
In particolare la Corte ha rilevato che l’ostilità dimostrata dai minori nei confronti del padre era il risultato della condotta della madre volta a comprimere il rapporto e la frequentazione padre-figli. Ed infatti – afferma la Corte di Appello – sia dall’ascolto dei minori che dalla consulenza tecnica era stato accertato un grave condizionamento materno; precisamente il ctu aveva verificato “una gestione materna improntata a plateale insofferenza nei confronti del padre e tesa a logorare la figura paterna”.
Nell’ampia motivazione, a titolo esemplificativo, la Corte si sofferma su un episodio descritto dal ctu , molto significativo della condotta materna: alla fine di un incontro dal ctu il padre si soffermava fuori dalla porta con il manifesto scopo di cercare un contatto con i figliuoli, ma la madre si precipitava a chiudere la porta al fine di impedire qualsiasi contatto dei figli con il loro papà.
Ed evidenzia ancora la Corte di Appello come la cosa principale nel caso di specie non è tanto il riconoscimento o meno della PAS sotto il profilo medico –scientifico ( concetto menzionato dalla reclamante nella sua memoria integrativa), bensì il “concreto atteggiarsi dei rapporti genitori-figli”. Ed infatti si era potuta accertare che l’avversione dimostrata dai figli nei confronti del padre era correlata all’atteggiamento della madre ,la quale, una volta separatasi e intrapresa una nuova relazione , non si era preoccupata di mantenere e rinsaldare i rapporti padre-figli, bensì aveva annullato e disgregato la figura paterna agli occhi della prole.
D’altra parte, invece – osserva la Corte – il padre, pur con le molteplici difficoltà procurate dalla situazione invivibile creata dalla ex compagna, si era sempre preoccupato dell’interesse preminente dei figli minori , la cui tutela veniva intesa dallo stesso come finalità prioritaria su tutto, adeguandosi sempre alle soluzioni adottate di volta in volta dal Tribunale.
Osserva inoltre la Corte che il confermato collocamento – come disposto dal Tribunale di Cosenza – era giustamente finalizzato ad un “graduale e meno traumatico possibile recupero dei rapporti tra padre e figli e, al tempo stesso, al ripristino di un sano coinvolgimento affettivo “ dei due minori con entrambi i genitori.
Per quanto poi riguardava la richiesta della reclamante di rinnovo della consulenza tecnica d’ufficio, il Giudice dell’appello faceva rilevare la sua totale infondatezza , facendo rilevare , tra ‘altro, che il ctu “preso atto della conflittualità accesa tra le parti, ha deciso di riportare tutti gli avvenimenti che di volta in volta si verificavano, procedendo anche alla videoregistrazione degli incontri e dei colloqui..” e che l’affermazione del consulente riportata dalla reclamante (qua dobbiamo lavorare per un cambiamento…uno sforzo da parte di tutti per cercare di punti in comune) “non può che essere intesa quale necessità imprescindibile di giungere ad una soluzione il più possibile concordata per il perseguimento di uno scopo comune, che è appunto l’interesse dei minori”.
Il provvedimento della Corte di Appello , in sintesi, evidenzia come l’interesse dei minori deve rappresentare sempre l’obiettivo da avere di mira per una sana crescita psicofisica della prole, conformandosi alle principali disposizioni normative sul tema , nonché alla giurisprudenza prevalente di legittimità e di merito.
D’altra parte anche La Corte di Cassazione, nella sentenza del 2011 n. 17191, ha precisato che l’affidamento condiviso presume “un accordo sugli obiettivi educativi, una buona alleanza genitoriale e un profondo rispetto dei rispettivi ruoli” . Ma quando ciò non sussiste e si accerta l’inidoneità di uno dei due genitori, che impedisce un sano e significativo rapporto dei figli con l’altro genitore, mediante uno stillicidio di condotte finalizzate all’esclusione della sua figura dalla vita della prole, con reiterati atteggiamenti denigratori, allora, per il bene dei figli è doveroso che il Giudicante disponga l’affidamento esclusivo , privando dell’affidamento condiviso il genitore inidoneo.
Compagni o coniugi si potrà anche cessare di esserlo , ma invece si dovrà essere genitori responsabili per tutta la vita, per offrire un presente ed un domani sereno e costruttivo ai propri figli.
Se uno dei due genitori non saprà esserlo e cercherà di annullare l’altro agli occhi dei figli, accecato da una insana conflittualità, purtroppo verrà ad innescare conflitti laceranti, provocando nei figli una profonda violenza emozionale che pregiudicherà la loro sana crescita e il loro sacrosanto diritto alla bigenitorialità.
L’ipercoinvolgimento della prole in meccanismi di annullamento di una delle due figure parentali ingenera, in questa, turbamento, confusione ed alterazione dei comportamenti, provocando gravi disagi e a volte vere e proprie turbe psicologiche.
Sono questi i casi nei quali la Magistratura, onde tutelare concretamente l’interesse prevalente dei minori, dispone l’affido esclusivo, come nella fattispecie in esame.
Avv. Margherita Corriere
Presidente AMI Catanzaro