La legge n. 76/2016 ha previsto la regolamentazione delle unioni civili (istituto di diritto pubblico) tra persone dello stesso sesso (ci riferiamo in questa sede agli art. 2 e 3 della Costituzione che riguardano i diritti inviolabili dell’uomo) ed anche il diritto dell’ex convivente di chiedere l’assegno alimentare all’ex partner. Preliminarmente, giova ricordare che i diritti e gli obblighi derivanti dalla legge Cirinnà si applicano anche per le convivenze di fatto non registrate[2]. Invero la suddetta legge[3] intende per “conviventi di fatto” due persone di età maggiore unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile. I conviventi possono oggi godere di una serie di diritti:
- Può essere nominato come tutore od amministratore di sostegno se il partner viene dichiarato inabilitato (potendo visitarlo in carcere o in ospedale e prestando assistenza i caso di malattia e acquisendo voce in capitolo per quanto riguarda il trattamento terapeutico;
- In caso di morte del convivente intestatario del contratto di affitto, può subentrare nel contratto e rimanere nell’immobile;
- Gli spetta il risarcimento del danno in caso di morte del partner;
- In caso di separazione, il giudice – su richiesta di uno dei conviventi – può stabilire l’obbligo al versamento degli alimenti (inferiori in importo al mantenimento; infatti, tale obbligo è valido se l’ex partner versa in stato di bisogno ed inoltre è previsto a tempo determinato e viene fissato in misura proporzionale alla durata della convivenza).
IL DIRITTO AGLI ALIMENTI
Come sopra accennato, il diritto sorge solo in caso di cessazione della convivenza di fatto e nel caso in cui il richiedente versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento. Gli alimenti sono assegnati per un periodo proporzionale alla durata della convivenza e nella misura determinata dal giudice secondo le regole generali vigenti in materia e, dunque, in proporzione dello stato di bisogno di chi li domanda e delle condizioni economiche di chi deve somministrarli. La legge precisa, inoltre, che occorre tenere in considerazione la posizione sociale dell’alimentando e che gli alimenti non devono superare quanto necessario per la vita dello stesso. L’obbligo alimentare infine, è da adempiersi con precedenza sui fratelli e le sorelle.
LA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI MILANO
Il Tribunale di Milano[4] ha, dunque, stabilito che il convivente di fatto può ottenere un assegno dall’ex partner ma solo dopo l’entrata in vigore della legge Cirinnà. La domanda di alimenti va proposta in un separato giudizio e non nella controversia concernente i figli minori.
Pertanto il momento in cui sorge il diritto agli alimenti è la cessazione della convivenza di fatto, il quale dev’essere successivo all’entrata in vigore della legge che prevede il medesimo diritto (5 giugno 2016). La legge in questione, quindi, non è retroattiva. Invero il provvedimento ha anche precisato che la domanda è inammissibile quando proposta nel procedimento per la regolamentazione del regime di affidamento e mantenimento dei figli minori (in quanto quest’ultimo non può essere ampliato a causa di punti differenti dalla controversia minorile, che è prioritaria). Pertanto la causa concernente gli alimenti va instaurata separatamente e con atto di citazione secondo le norme sostanziali e processuali in materia di alimenti.
CONCLUSIONI
Alla luce di quanto sopra esposto, possiamo affermare che potrebbe aprirsi un grande spiraglio per il convivente debole e che inizia a dar senso compiuto e materiale a quella che è la seconda parte della legge Cirinnà.
Di Maria Giovanna Bloise
Praticante abilitato al patrocinio del Foro di Paola (CS) e Socio sostenitore AMI (Avvocati Matrimonialisti Italiani). Collabora, inoltre, con la Rivista giuridica “Ratio Legis”, edita da Primiceri Editore.
[2] La registrazione anagrafica è necessaria solo in caso si voglia stipulare un contratto di convivenza.
[3] Art. 1 L. 20 maggio 2016, n. 79.
[4] Cfr. Tribunale di Milano, ordinanza, sez. 9, del 18.04.2017