Il caso: Il Tribunale dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario contratto da C.C. e G. M.., determinava in Euro 3.000,00 mensili l’assegno divorzile spettante alla C., revocava l’assegnazione della casa familiare già disposta in favore della ex coniuge e dichiarava inammissibile l’azione proposta da quest’ultima per conseguire la restituzione dei beni mobili di sua proprietà.
C.C. proponeva appello chiedendo che venisse rideterminato l’assegno divorzile nella misura di € 10.000,00 mensili in relazione al pregresso tenore di vita e alla rilevanza del patrimonio di M. e che questi venisse condannato al pagamento di una somma destinata alla ricerca di una nuova e idonea soluzione alloggiativa al momento del rilascio della villa destinata in precedenza ad abitazione familiare.
La Corte distrettuale rigettava l’appello, ritenendo che la misura dell’assegno fosse sufficiente a soddisfare le esigenze abitative dell’appellante.
C. propone quindi ricorso per Cassazione, lamentando il fatto che sia il Tribunale che la Corte d’Appello non avevano tenuto conto adeguatamente del divario esistente tra i redditi dei due ex coniugi e dell’inidoneità dei redditi della C. a farle conservare il tenore di vita avuto in costanza di matrimonio e non avevano tradotto in termini economici l’addebito, la durata del matrimonio e l‘elevatissimo tenore di vita; la ricorrente lamenta in particolare che l’importo dell’assegno riconosciutole non valeva a garantirle un‘abitazione analoga a quella familiare, di cui aveva goduto in costanza di matrimonio, il cui valore locativo era stato stimato in Euro 2.373,00.
La Suprema Corte, nel ritenere fondata la doglianza, ribadisce alcuni principi in materia di assegno divorzile; in particolare:
a) la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi;
b) all’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, alla formazione del patrimonio comune, nonchè di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto;
c) alla stregua dei suddetti principi, la Corte di appello non solo non ha privilegiato i principi introdotti da Cass. Sez. U. n. 18287 del 2018, ma inoltre non appare avere adeguatamente valutato la disponibilità e la fruizione nel corso del matrimonio della casa familiare di elevate caratteristiche di pregio, tali da non renderla fungibile con qualsiasi altra abitazione reperibile nel medesimo Comune a costi contenuti.
Sul punto dunque la decisione risulta viziata e va cassata.
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