Un bambino che nasce all’estero con la maternità surrogata, in un Paese in cui la gestazione per altri (gpa) è legale, deve essere riconosciuto anche nei Paesi europei in cui questa pratica non è consentita, o con la trascrizione immediata all’anagrafe oppure con un’adozione piena che riconosca tutti i diritti-doveri anche alla madre non biologica (o al secondo padre). Lo ha deciso la (Cedu) rispondendo alla richiesta della Corte di Cassazione francese sul caso di due coniugi francesi, i Menesson, del 2014. Alla Cedu (che non è un organismo dell’Unione Europea) aderiscono i 47 Paesi del Consiglio d’Europa, e quindi il suo parere orientativo vale per tutti questi Stati, Italia compresa.
I giudici della Cedu si sono espressi sul caso di due bambini nati in Californiaattraverso la gestazione per altri, figli «intenzionali» di una coppia eterosessuale. Il padre ha dato il suo seme e una donatrice l’ovulo con cui è stato concepito, mentre la gravidanza è stata portata avanti da una terza donna che ha fatto da surrogata. I bambini quindi non hanno legami né biologici né genetici con la loro madre legale, la moglie del padre, che però negli Stati Uniti è riconosciuta come genitore a tutti gli effetti. Le autorità della Francia avevano negato all’inizio il riconoscimento di entrambi i genitori. Poi, dopo una prima battaglia giudiziaria e una prima condanna da parte della Corte europea, li avevano registrati come figli solo del padre (con cui hanno un legame genetico) ma non della madre francese. Di fronte alla richiesta di riconoscere entrambi i genitori (come avveniva già negli Stati Uniti) la Cassazione francese nell’ottobre 2018 ha chiesto un parere orientativo alla Cedu.
La Corte europea ha deciso quindi all’unanimità che il bambino nato all’estero con la surrogatadeve essere riconosciuto come figlio di entrambi i genitori in base al suo diritto al rispetto della vita privata ai sensi dell’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e che il rispetto del diritto del minore viene prima della salvaguardia dai rischi di abusi connessi alla maternità surrogata. «Il diritto al rispetto della vita privata» di «un bambino nato all’estero con un accordo di maternità surrogata — scrivono i giudici —richiede che la legge preveda la possibilità di riconoscere la relazione legale genitore-figlio con la madre intenzionale, indicata sul certificato di nascita estero come “madre legale”».
«I singoli Paesi europei devono quindi prevedere la possibilità di dare lo status di genitore della “madre intenzionale” e per estensione del secondo papà nelle coppie gay — commenta Alexander Schuster, avvocato di Trento che ha seguito numerose coppie di genitori — come previsto dal certificato di nascita del Paese straniero in cui quel bambino è venuto al mondo». Ogni Stato può però decidere se farlo con la trascrizione immediata (come avvienetalvolta anche in Italia) oppure se non vuole scegliere questa strada — come successo in Francia — deve stabilire un’altra procedura. Tale procedura può essere l’adozione, che però deve essere «a pieno titolo» (quindi non la stepchild adoption come è formulata in Italia, che è limitata) e «veloce». L’adozione, precisa infatti la Corte, deve consentire di «prendere rapidamente una decisione, in modo che il minore non sia trattenuto per un lungo periodo in una situazione di incertezza giuridica».
In Italia le Sezioni Unite della Corte di Cassazione dovranno pronunciarsi a breve sulla trascrizione degli atti di nascita esteri con due papà a partire dal caso dalla Corte di Appello di Trento del 2017 che aveva inaugurato una serie di riconoscimenti. Varie sentenze in Italia hanno inoltre portato al riconoscimento dei bimbi nati con la surrogata da coppie eterosessuali sulla base del superiore interesse del bambino.
https://www.corriere.it/cronache/19_aprile_10/maternita-surrogata-corte-europea-riconoscere-figli-nati-all-estero-la-gpa-58e12f46-5b87-11e9-ba57-a3df5eacbd16.shtml