No al pendolarismo dei figli di genitori separati: l’interesse preminente, in questi casi, è sempre quello dei minore. Questa la posizione che emerge da una sentenza con cui la Cassazione ha regolato l’affido condiviso di una bambina, evitandole il continuo passaggio dal comune di residenza del padre a quello della madre e fissando in una sola città il luogo in cui vivere per metà settimana con l’uno e poi con l’altro genitore, in due case diverse.
Il caso preso in esame dalla Corte riguarda una famiglia veneta: dopo la “rottura” tra i due genitori, la piccola abitava con il padre, in una casa messa a disposizione dalla mamma, per poi passare con quest’ultima, in una cittadina a quasi 90 chilometri, il fine settimana. Queste, infatti, erano state le disposizioni fissate in primo grado dal Tribunale per i minorenni di Venezia, modificate però in appello, quando, alla luce dell’esame di un perito, si era deciso che la bambina vivesse in modo stabile nella città della mamma, la quale si era impegnata a prendere in affitto una casa nello stesso comune nella quale il papà potesse trascorrere i giorni a lui spettanti. Contro il decreto emesso dai giudici di secondo grado, l’uomo si era rivolto alla Cassazione ritenendo violata la propria “libertà personale”, di “movimento” e di “residenza”, perché la decisione impugnata aveva “subordinato la possibilità di frequentare la figlia imponendogli un domicilio forzato”.
La Suprema Corte, prima sezione civile ha rigettato il ricorso del papà. Con queste motivazioni: “E’ evidente che, essendo entrambi i genitori residenti in luoghi diversi e desiderosi entrambi di mantenere un regime di piena condivisione dell’affidamento della figlia, che, a sua volta, non può sobbarcarsi, se non altro per le sue esigenze scolastiche, a un pendolarismo fra i due luoghi di residenza dei genitori, la soluzione adottata dalla Corte d’appello viene necessariamente ad operare un bilanciamento fra gli interessi e le esigenze dei due genitori, che tiene conto degli impegni lavorativi della madre e della maggiore disponibilità di tempo del padre, cui viene incontro imponendo la messa a disposizione di una residenza da parte della madre”. Dunque, il provvedimento della Corte d’appello veneziana, secondo i giudici di Piazza Cavour, non può considerarsi “restrittivo della libertà personale e di residenza del padre” perché “adottato per rispondere alle esigenze di una piena frequentazione della figlia con entrambi i genitori”. Nell’ipotesi in cui il papà rifiuti tale soluzione, conclude la Corte, “imporrà di fatto la stabile residenza” della bambina “presso la madre, in attesa della eventuale revisione del collocamento, da valutare sempre alla luce del preminente e migliore interesse della minore”.
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