DISCONOSCIMENTO DI PATERNITA’ E PROVA DELL’ADULTERIO

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Con la sentenza n. 1610 del 24 gennaio 2007 i Giudici di legittimità statuiscono che, nel giudizio di disconoscimento di paternità, la rilevanza della prova tecnica atta all’uopo (esame del DNA) idonea all’accertamento che il/la figlio/a presenti caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre, non possa sic et simpliciter essere limitata dalla previa dimostrazione dell’adulterio della moglie. I giudici della Corte di Cassazione, discostandosi dai precedenti orientamenti giurisprudenziali in materia, sostengono che la prova del DNA, richiesta dal presunto padre, sarebbe prodromica all’accertamento dell’adulterio della moglie, essendo la prova dell’adulterio e quella della non paternità due facce della stessa medaglia.I giudici di legittimità hanno affrontato più volte la vexata quaestio se sia o meno pregiudiziale la prova certa dell’adulterio rispetto alla prova del DNA. Di recente, infatti sedes materiae, hanno ribadito che in tema di disconoscimento di paternità fondato sull’adulterio della moglie, l’ammissibilità degli esami ematologici e genetici sia condizionata alla prova o all’indizio certo dell’adulterio.


I giudici di Piazza Cavour hanno ripetutamente osservato che l’indagine sul verificarsi dell’adulterio ha carattere preliminare rispetto a quella sulla sussistenza o meno del rapporto procreativo, con la conseguenza che la prova genetica o ematologica, anche se espletata contemporaneamente alla prova dell’adulterio, può essere esaminata solo subordinatamente al raggiungimento di quest’ultima, e al diverso fine di stabilire il fondamento del merito della domanda (v. tra le altre, Cass. n. 2113 del 1992, n. 8087 del 1998, n. 14887 del 2002). In difetto di prova dell’adulterio, anche in presenza della dimostrazione che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre, l’azione di disconoscimento della paternità deve essere respinta. Tuttavia, bisogna osservare che non è agevole e di facile soluzione accertare i fatti idonei a provare l’adulterio. Appare ictu oculi che i sopra citati orientamenti risultano atavici, in quanto  incidono gravemente sul diritto di difesa del presunto genitore, il quale potrebbe trovarsi nell’imbarazzante posizione di non poter provare l’adulterio della moglie, pur potendo esperire prove perfettibili quali l’esame del DNA.
Nella sentenza in rassegna, nella quale i Supremi giudici sposano il recente orientamento della Consulta (Corte Cost. sent. 6 luglio 2006 n.266) è stata dichiarata l’illegittimità dell’art. 235, comma 1 n. 3, c.c. nella parte in cui, ai fini dell’azione di disconoscimento della paternità, subordinava l’esame delle prove tecniche, da cui risulta che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre, alla previa dimostrazione dell’adulterio della moglie.
Nel merito l’indagine circa l’adulterio, riguardando diritti indisponibili, fa sì che eventuali ammissioni della moglie in corso di causa configurino elementi liberamente apprezzabili dal giudice. Inoltre, non è escluso che un eventuale rifiuto della moglie a sottoporsi ai prelievi necessari ai fini della prova genetica ed ematologia, possa essere valutata dal giudice ai sensi dell’art. 116, comma 2, c.p.c. quale elemento di convincimento.
Nel caso in esame, Sempronio, con atto di citazione, proponeva azione di disconoscimento ex art. 235, c.c. nei confronti di Tizia, deducendo che la stessa fosse nata dalla relazione adulterina della moglie Caia con un altro uomo. Il Tribunale di Roma respingeva la domanda attorea, in quanto la prova ematologica e genetica dallo stesso, addotta nell’atto introduttivo e provata, non era stata preceduta dalla prova dell’adulterio di Caia. A seguito di tanto, Sempronio proponeva appello avverso la sentenza del giudice di prime cure che, tuttavia, veniva rigettato dai giudici di merito. In merito a tanto, Sempronio adiva la Corte di cassazione. I giudici di legittimità, nell’evocare la pronuncia della Consulta n. 266/2006, ribadivano che oramai le prove genetiche ed ematologiche consentono di rilevare l’avvenuto adulterio e, pertanto, essendo difficile la prova fattuale dell’adulterio, non è più necessario, la previa escussione di quest’ultima credo “imbarazzante” prova . Così statuito, i giudici di legittimità cassavano la sentenza impugnata e rinviavano la questione ad altra sezione della Corte d’appello, affinché riesaminasse la questione, tenendo conto della portata innovativa operata dalla pronuncia della Corte costituzionale sopra citata.


 

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