PROPOSTA DEL CONSIGLIO D’EUROPA: BANDIRE LE PUNIZIONI CORPORALI AI FIGLI

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Il Consiglio d’Europa ha proposto ai 47 Paesi suoi membri, di bandire per legge le punizioni corporali ai figli.


Questa norma è attualmente già in vigore in 13 Paesi (Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Olanda, Gran Bretagna, Germania, Austria, Grecia e Svezia).
La Convenzione sui diritti dei bambini, stabilisce un principio fondamentale, secondo il quale viene finalmente riconosciuta la loro individualità, non più semplice appendice dei genitori, retaggio sia pur in termini attenuati, dello ius vitae ac necis (il diritto di vita o di morte) risalente agli antichi romani.
La proposta di legge promossa dal Consiglio d’Europa, se sottoscritta, sarà valida in tutti i 47 Paesi che vi aderiscono (su un territorio più ampio dell’Unione Europea) e che vincolerà tali Nazioni a legiferare per vietare ogni tipo di educazione violenta.
Si tratta di comportamenti non sempre visibili e non sempre percepiti all’esterno come abusanti, e per questo suscettibili di durare più a lungo, con effetti gravemente pregiudizievoli per il bambino.
Non solo le percosse devono essere eliminate dai metodi educativi, ma anche gli insulti, le umiliazioni. Sono indelebili tracce sulla psiche e sull’animo di chi li riceve e  responsabili di una crescita interiore disarmonica, tale da rendere infelice a vita chi ne è vittima.
L’apparente obbedienza, effetto dell’atto di aggressività fisica e verbale subito, cova al suo interno una violenza repressa, destinata a presentare il conto anche molti anni dopo, allorché chi fu vittima diventa a sua volta artefice di comportamenti violenti contro altre persone, animali, cose, con atti di vandalismo, o contro se stesso, con atti di masochismo.
La violenza, intesa come uso di forza fisica o psichica per imporre o per ottenere qualcosa, è un comportamento acquisito, che non è predeterminato geneticamente, ma che si apprende con l’esperienza e viene fortemente influenzato da fattori psicologici, culturali e sociali.
L’infanzia è la fase della vita in cui si costituisce un patrimonio psichico che determina i comportamenti e condiziona le scelte nella vita da adulti.
La scarsa capacità a comprendere ed a rispondere ai reali bisogni dei bambini, denota uno scarso rispetto nei loro confronti e deriva da una difficoltà a riconoscere l’identità individuale dei bambini, a pensarli come persone.
Tutti i comportamenti che violano i diritti dei bambini e degli adolescenti sono da considerarsi violenti. L’ambiente familiare ha un ruolo essenziale nell’apprendimento del controllo dell’aggressività e nel condizionare i comportamenti futuri dell’individuo.
Ma è proprio nella famiglia che più frequentemente si verificano casi di violenza ordinaria su bambini, fino ad un vero e proprio stato di abbandono fisico e psicologico.
Lo Stato ha il dovere di intervenire per contribuire ad emancipare le famiglie da una cultura della violenza rappresentata come sistema educativo e correttivo di comportamenti, perché è nel suo interesse promuovere una crescita psichica armonica dei suoi cittadini, sin dalla loro prima infanzia.
Dott.ssa Cesira Cruciani

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