Il capo della procura:
“Non hanno il senso del limite”
Manca il senso del limite. Lo vediamo nei minorenni, ma il problema è più ampio, investe anche i loro genitori, la società». Riflessioni di Ennio Tomaselli, da due anni a capo della procura per i minori dopo aver lavorato come giudice, sempre nel settore dei minorenni. A leggere le cronache, sembra che gli episodi di violenza fatta e subita da chi ancora non ha compiuto 18 anni siano in aumento. «Non è così, ma forse c’è più attenzione al fenomeno. E questo è un dato positivo» sostiene Tomaselli. E’ cambiato soltanto questo? «No, la differenza è anche nella diffusione dei fenomeni. Negli ultimi anni, gli episodi di violenza fatta e subìta hanno permeato tutti gli ambienti sociali, da quelli più problematici a quelli considerati “benestanti”. Non ci sono isole felici».
Il confronto è con gli Anni 70-80, quando segnalazioni e richieste di intervento arrivavano dalle zone considerate «a rischio», dalla Falchera alle Vallette, a Porta Palazzo, a Mirafiori Sud. «Non è più così e questo rende più difficile valutare gli interventi, non tanto per la magistratura, ma soprattutto per le forze dell’ordine, per gli operatori sociali e sanitari che si trovano in prima battuta ad affrontare le situazioni – dice ancora Tomaselli -. Sono loro il primo filtro». La procura avvia ogni anno poco meno di 3 mila procedimenti penali contro persone identificate e altri 300 contro ignoti. Una media di quasi 10 al giorno. Il numero dei ragazzi sott’inchiesta, però, è più ampio (a volte nello stesso episodio sono coinvolte più persone): nel 2006, i 2 mila 954 procedimenti penali avviati coinvolgevano 4 mila e 162 ragazzi. «Pochissimi reati legati a violenza di particolare gravità» aggiunge Tomaselli.
In particolare, l’anno scorso sono stati 337 i procedimenti aperti per lesioni personali volontarie (contro i 315 dell’anno precedente), 876 quelli per furto (l’anno prima erano 912), 174 quelli per ricettazione (159 l’anno precedente), 117 per violenza e resistenza a pubblico ufficiale (100 l’anno precedente). Il magistrato parla di«segnali di disagio» e in questo senso accomuna le violazioni di legge e la violenza praticata a quella subìta dai minori. «In quelle circostanze, la procura agisce come un avvocato a tutela degli interessi di questi minori» aggiunge. Una sorta di «azione civile», come è avvenuto pochi giorni fa con la piccola Ines, colpita dalla madre con un coltello. La procura ha chiesto l’intervento del tribunale per i minori, che ha deciso di affidare la piccola a una comunità. «Nel 2006, questa procura ha aperto 2 mila 355 fascicoli di questo tipo.
Nei primi 9 mesi di quest’anno, siamo già arrivati a mille e 893. E’ ragionevole pensare che per fine anno il dato sarà paragonabile a quello dell’anno scorso». Vicende tra le più vare, dall’eccessiva animosità verbale dei genitori, alle punizioni troppo «spinte», alle violenze. Anche sessuali. «C’è una situazione di estrema complessità del tessuto sociale – aggiunge -. Globalizzazione significa anche questo, un crogiuolo di problematiche legate a culture e livelli culturali differenti». Il magistrato pensa alle segnalazioni che arrivano dalle scuole, agli episodi di bullismo, ma anche ai danneggiamenti. Sovente, il filo conduttore è proprio la mancanza del senso del limite. «Le regole, le norme sono viste con insofferenza – spiega Tomaselli -. A volte, questo stato d’animo produce reazioni irrazionali. Le faccio un esempio.
E’ accaduto di ragazzi che guidavano lo scooter senza casco e sono scappati davanti alla paletta alzata dalle forze dell’ordine. C’è stato un inseguimento, magari anche la resistenza a pubblico ufficiale. Una reazione sproporzionata rispetto al rischio di un “fermo amministrativo” dello scooter». Altri episodi molto diffusi sono i danneggiamenti, magari anche nelle scuole, aprofittando della chiusura notturna oppure per il fine settimana. «Molte volte, i ragazzi si muovono in gruppo – dice ancora Tomaselli -. E quando finiscono davanti alle forze dell’ordine oppure al magistrato, utilizzano espressioni come “non mi sono reso conto della gravità di ciò che ho fatto”». Come non avessero capito dove era necessario fermarsi, questione ben diversa dalla trasgressione, che implica la comprensione del limite e la volontà di superarlo.
Come è possibile correre ai ripari? Come far per instillare il senso del limite? «Credo serva maggiore equilibrio da parte degli adulti. Sono loro a guidare l’educazione, anche attraverso l’esempio. E soprattutto, con la coerenza – sostiene Tomaselli -. A volte assistiamo a reazioni eccessive, dal padre che butta fuori di casa il figlio per una qualsiasi discussione al genitore che minimizza i comportamenti del figlio, anche in presenza di un procedimento penale. Entrambi atteggiamenti sbagliati, tolgono equilibrio e impediscono la costruzione del senso del limite.»
Tratto da La Stampa
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