Separazioni e divorzi più rapidi, cosa cambia da marzo 2023 con la riforma Cartabia

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La riforma Cartabia del diritto di famiglia entrerà in vigore a marzo, con delle novità su separazione e divorzio. L’obiettivo è ridurre drasticamente la durata dei processi, ma il personale specializzato che serve per metterla in pratica potrebbe non bastare.

La riforma Cartabia sul diritto di famiglia entrerà in vigore tra poco più di un mese, alla fine di febbraio. A essere toccati dalla riforma saranno prima di tutto separazioni e divorzi, poi anche affidi e figli. La riforma mira a velocizzare e semplificare i processi in questo ambito – arrivando da una media di tre anni a otto mesi circa. La sua attuazione prevede delle tappe graduali nei prossimi mesi e anni, in linea con quelle del Pnrr.  A giugno 2023, infatti, entrerà in vigore la riforma che riguarda la mediazione assistita. Nel 2025 si dovrebbe arrivare alla nuova sezione del Tribunale della famiglia, che porterà a chiudere il tribunale per minorenni per superare la frammentazione tra tribunale ordinario, tribunale dei minori e giudice tutelare.

Il primo passaggio per rendere più rapidi i processi sarà già nello studio dell’avvocato. I legali, infatti, dovranno raccogliere tutti gli elementi considerati necessari per chiedere la separazione. Così, quando entrambe le parti avranno presentato ricorso al giudice, questo dovrà fissare l’udienza per la separazione entro tre mesi, ma nel frattempo potrà agire. Avendo a disposizione il materiale, “potrà già emettere dei provvedimenti cautelari”, ha spiegato a Repubblica Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione matrimonialisti italiani (Ami).

Tra i documenti che gli avvocati dovranno preparare prima di fare ricorso c’è anche il cosiddetto ‘piano genitoriale‘. Si tratta di un fascicolo che dovrà chiarire le attività quotidiane dei figli della coppia: la frequenza della scuola, le eventuali attività extrascolastiche, la frequentazione dei parenti e anche un piano delle vacane.

Si tratta di procedure che, per come funzionano le cose adesso, hanno inizio solamente dopo la prima udienza. Per questo è necessario aspettare fino a tre mesi prima di avere un riscontro di qualche tipo. Con la riforma Cartabia sul diritto di famiglia, gli avvocati avranno già dato al giudice tutte le prove.Se il giudice valuterà che ci siano le condizioni e si troverà un accordo, perciò, “si potrà arrivare alla sentenza di separazione già alla prima udienza, con grande risparmio di soldi e di tempo per le coppie e per i carichi della giustizia”, ha evidenziato il presidente dell’Ami.

Ci sono altre due novità. La prima è mirata, anche in questo caso a ridurre i tempi: la domanda di divorzio potrà essere inserita già nella causa di separazione, così da dover svolgere un’unica causa invece di due. La separazione, infatti, non è la fine ufficiale del matrimonio, ma solo una sospensione dei suoi effetti in attesa di una riconciliazione o del divorzio. Con questa modifica, si accelerano i tempi per le coppie che sono già certe di voler divorziare.

La seconda modifica, invece, è che i minorenni dovranno sempre essere ascoltati, nelle cause per separazione. Ovviamente, come in tutti procedimenti giudiziari, l’intervento del minore dovrà sempre avvenire in situazioni protette.

Problema personale, mancano tremila giudici per rispettare i tempi della riforma
Gian Ettore Gassani ha anche evidenziato le criticità della riforma, dicendo che “rischia di franare per la gravissima carenza di magistrati specializzati in tema di famiglia, minori e violenza”. Servirebbero circa 12mila giudici esperti, secondo Gassani, per rispondere alle esigenze di rapidità della riforma, ma ce ne sono solo 9mila.

Infatti, le istruttorie per i casi di separazione non potranno più essere delegate ai giudici ordinari. Dovranno occuparsene necessariamente un giudice o una giudice specializzati nell’ambito, ma negli attuali Tribunali per minorenni il personale è carente già adesso. Per formarne di nuovo servirà tempo, e la riforma entrerà in vigore a breve.

Il rischio, secondo Gassani, è che “vengano emessi provvedimenti sbagliati da personale non qualificato nella materia, per cui spesso si dovrà andare in appello”. Questo porterebbe ad allungare i tempi, invece di accorciarli. In più, in mancanza di un numero sufficiente di giudici, sarebbe necessario spostare le udienze sempre più avanti. Un altro rallentamento, come effetto collaterale di una riforma che ha l’obiettivo opposto.

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