E’ valido l’accordo con il quale la moglie ha rinunciato all’assegno di divorzio qualora non vi sia un’eccessiva disparità tra le condizioni economiche dei coniugi. Lo ha deciso la Corte di Cassazione con la pronuncia n. 21111 del 29 luglio 2024, che ha accolto il ricorso di un imprenditore che chiedeva di revocare l’assegno di divorzio riconosciuto alla ex moglie.
Il caso riguarda due coniugi legalmente separati che, dopo la separazione ma prima di divorziare, avevano firmato un accordo con cui avevano diviso il loro patrimonio, con reciproche cessioni di quote societarie, e il marito aveva versato alla moglie un conguaglio in denaro come riconoscimento del lavoro da lei svolto nelle sue attività commerciali e societarie.
I coniugi avevano espressamente convenuto che, con tali attribuzioni, intendevano definire tutti i loro rapporti economici, senza che potessero essere avanzate ulteriori pretese in relazione alla vita trascorsa insieme. Senonché, la moglie, incurante delle intese raggiunte con il marito, al divorzio ha chiesto l’assegno per sé, assegno riconosciutole dal Tribunale e dalla Corte di Appello, ma poi negato dalla Corte di Cassazione.
Secondo la Corte, «quando nel corso della vita matrimoniale risultino negoziati accordi tra i coniugi, che hanno comportato attribuzioni patrimoniali o elargizioni in denaro, destinate a operare un riequilibrio tra le rispettive condizioni economiche, occorre tenere conto delle stesse e accertare se, al momento del divorzio, vi sia ancora un significativo squilibrio patrimoniale e reddituale riconducibile al sacrificio di uno dei due, oppure no, potendosi giustificare l’attribuzione dell’assegno solo nel primo caso».
Ha ricordato anche la Cassazione che il patto deve essere equo, sia al momento della redazione sia al momento della sua esecuzione. Pertanto, i patti devono provvedere adeguatamente alla tutela di entrambe le parti, considerando tutto ciò che è stato fatto dai coniugi durante il matrimonio.
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